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Questo articolo è stato pubblicato il 15 aprile 2011 alle ore 16:42.

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Helsinki (Corbis)Helsinki (Corbis)

Tutti i Paesi scandinavi hanno un partito di destra striato di populismo e premiato da forti incrementi elettorali. A Oslo c'è il Partito del Progresso, a Stoccolma ci sono i Democratici Svedesi, a Copenaghen c'è il Partito del Popolo danese.

A Helsinki ci sono invece i Perussuomalaiset, cioè i "Veri Finlandesi". Il loro previsto balzo nelle elezioni per il rinnovo dell'Eduskunta, il Parlamento finlandese, in programma domenica 17 aprile, crea un inusuale interesse e un'inusuale preoccupazione anche nel resto d'Europa. Infatti, se i Veri Finlandesi dovessero rivelarsi necessari alla formazione di un Governo, la Finlandia – paese tradizionalmente disciplinatissimo nell'ambito dell'Unione europea e dell'Eurozona – potrebbe trasformarsi in uno scoglioso ostacolo in ogni negoziazione su salvataggi e bailout, in primis riguardo a quello richiesto dal Portogallo.

I Veri Finlandesi sono guidati da Timo Soini, un euroscettico che conosce bene l'Europa dal momento che siede personalmente nel Parlamento di Strasburgo. Soini è un politico carismatico e sgobbone: sia dopo le elezioni politiche del 2007 sia dopo le elezioni europee del 2009 è finito in ospedale con complicazioni polmonari che i medici hanno attribuito al superlavoro. Con tanto attivismo ha costruito una campagna elettorale efficace: i Veri Finlandesi che nel 2007 hanno ottenuto il 4,1 per cento (e 5 seggi su 200), ora sono accreditati di un risultato dal 16 al 18,5 per cento (il che significherebbe da 30 a 40 seggi).

Il Governo uscente è guidato dal Partito di Centro della premier Mari Kiviniemi e include la Coalizione nazionale (di centrodestra), i Verdi e il Partito della minoranza di lingua svedese, che dal 1972 ha partecipato ininterrottamente a tutti gli esecutivi, di destra, di sinistra e di centro. Nei sondaggi, a fronte del 16-18,5 per cento dei Veri Finlandesi, si prevede un risultato di poco superiore per il Partito di Centro e per il Partito socialdemocratico, ora all'opposizione, e un primo posto, con poco più del 20 per cento, della Coalizione nazionale. Il leader di quest'ultimo partito, Jyrki Katainen, attualmente ministro delle Finanze, è quindi il più probabile futuro premier.

Se domenica i sondaggi saranno confermati (e quindi i primi quattro partiti saranno divisi tra loro soltanto da un punto percentuale o poco più), le negoziazioni per la formazione di un esecutivo, nelle quali per la prima volta i Veri Finlandesi avranno un ruolo di coprotagonisti, saranno complesse. Se nessuno pone pregiudiziali a priori sulla presenza dei Veri Finlandesi in una compagine di Governo, è proprio il loro leader Timo Soini a porre una condicio sine qua non: mai parteciperebbe a una coalizione che possa autorizzare l'iniezione di soldi finlandesi in futuri bailout, in primo luogo in quello portoghese.

Il Parlamento finlandese, contrariamente a quanto avviene in altri paesi dell'Eurozona, può esprimere il suo voto su eventuali contributi di Helsinki in salvataggi di altri Paesi e ha quindi un potenziale potere di veto. La Finlandia ha già fornito 8 miliardi di euro di garanzie all'European Financial Stability Facility (EFSF, il Fondo salvaeuro), a cui si aggiungono garanzie e investimenti per più di 12 miliardi e mezzo di euro nello European Stability Mechanism (ESM), che dovrebbe iniziare a funzionare nel 2013. In più, Helsinki ha dato 160 milioni di prestito all'Islanda, 1,48 miliardi alla Grecia e ha promesso 324 milioni alla Lettonia.

La Finlandia ha dati di crescita del Pil confortanti (+2,9 per cento nel 2010, con previsioni di un analogo risultato nel 2011 e di un +2,3 per cento nel 2012; ma non va dimenticato il severo -8 per cento relativo al 2009). Eppure il paese nordico fronteggia una certa difficoltà in alcuni suoi settori produttivi, ad esempio quello della carta, e un processo di ristrutturazione dell'azienda-vetrina del paese, la Nokia, che sarà accompagnato dalla perdita di un certo numero di posti di lavoro. In questo contesto, nelle ultime settimane i Veri Finlandesi hanno ricordato agli elettori che Helsinki è riemersa dalla crisi che l'ha colpita nei primi anni Novanta con le proprie forze e senza chiedere quattrini oltrefrontiera.

I partiti di governo, e soprattitto quello di Centro e la Coalizione Nazionale, hanno dovuto inseguire la propaganda dei Veri Finlandesi: promettono che accetteranno i bailout soltanto in un quadro di regole rigorose e pretendendo rigide garanzie. Lo scenario si complica ulteriormente se si considera che, a suo tempo, il principale partito della sinistra, quello socialdemocratico, ha votato "no" in Parlamento ai salvataggi per Grecia e Irlanda. Quindi un'eventuale alleanza postelettorale tra Veri Finlandesi e centrosinistra, che per la verità resta improbabile e sarà difficilmente concessa dai numeri, rimane la prospettiva più fosca per chi conta su futuri salvataggi e sulla costruzione di un meccanismo automatico di aiuti per i paesi dell'Eurozona in maggiore difficoltà. Così, mentre la campagna elettorale finlandese è stata seguita con inedita attenzione anche all'estero (e si è incentrata più su Lisbona e sugli altri "Pigs" che su Helsinki), gli investitori si sono allarmati sulle prospettive di ulteriori salvataggi, mettendo ancora più nei guai i paesi che ne sono i potenziali beneficiari.

Al vento nordico proveniente dalla Finlandia si aggiunge il forte spiffero che soffia dall'Islanda. Sabato scorso, in un referendum nell'isola, la popolazione ha detto "no" all'ipotesi di accollarsi il piano da circa 5 miliardi di euro per ripagare i governi di Londra e dell'Aia che hanno aiutato i loro rispettivi cittadini, i cui risparmi sono stati risucchiati nel crack delle banche islandesi, a meno di una precisa sentenza della Corte competente che lo prescriva. La premier di Reykjavík, Jóhanna Sigurdardóttir, il cui governo giovedì è sopravvissuto di stretta misura a un voto di sfiducia in Parlamento, ha affermato che Regno Unito e Olanda saranno comunque ripagati attraverso la vendita degli assets di Landsbanki, la principale banca islandese collassata nel 2008.

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