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Questo articolo è stato pubblicato il 19 aprile 2011 alle ore 06:39.

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Ma ci sono indicatori ancora più concreti: la Turchia è la meta preferita del Medio Oriente, sopravanzando l'Arabia Saudita che può contare sui pellegrinaggi alla Mecca. Nel 2009 è stato tolto l'obbligo di visto ai cittadini di Giordania, Libano, Siria e Arabia Saudita, e da venerdì anche i russi ne possono fare a meno: nel 2010 in 3,5 milioni hanno visitato la Turchia. «Alla fine del 2015 - ha dichiarato Erdogan - l'interscambio con Mosca (gas compreso, ndr) arriverà a 100 miliardi di dollari». Una classifica in cui la Russia precede Germania, Cina e Italia (16,7 miliardi di dollari) mentre cresce il giro d'affari con l'Iran: Davutoglu e il collega iraniano Akbar Salehi hanno appena aperto un nuovo varco doganale a Kapikoy nella provincia di Van.
L'interscambio bilaterale è di 10 miliardi di dollari, un altro segnale della proiezione della Turchia e di una crescita fondata sulle esportazioni che tiene contro dell'esigenza di aprire nuovi mercati alle "tigri dell'Anatolia", la borghesia musulmana di imprenditori, tradizionalista nei costumi e liberale in economia, vera base sociale del partito Akp. Una politica persino spregiudicata: i talebani avranno presto un ufficio a Istanbul.
Ma davvero gli arabi, che nell'opinione corrente non amano i turchi, ritengono Ankara un modello? «Il 66% risponde sì», dice Mensur Akgun. «E le ragioni sono essenzialmente tre: l'identità musulmana del Paese, la sua economia, il sistema democratico».
Torno da Ipek per farmi spiegare quanto i turchi desiderino ancora entrare in Europa. «La mia ricerca è focalizzata sui giovani. Vedono l'Unione come un'opportunità di studio e lavoro ma la maggior parte non vorrebbe emigrare. L'immagine dell'Europa è priva di pregiudizi religiosi e culturali ma denuncia una mancanza notevole di conoscenza di storia e politica». Le indagini, per quanto accurate, però non garantiscono dalle sorprese. In Istiklal Caddesi incontro degli studenti che protestano per gli esami e l'imprigionamento di alcuni giornalisti intonando "Bella Ciao". Le prime strofe sono in italiano, poi continuano, a squarciagola, nella versione turca.
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