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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2011 alle ore 20:20.

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Turchia, candidati curdi esclusi dal voto, dopo un morto Ankara ci ripensa. Nella foto una manifestazione di protesta contro l'esclusione dei candidati curdi dalle elezioni (Reuters)Turchia, candidati curdi esclusi dal voto, dopo un morto Ankara ci ripensa. Nella foto una manifestazione di protesta contro l'esclusione dei candidati curdi dalle elezioni (Reuters)

Il clima politico è tesissimo in Turchia in vista delle elezioni legislative del 12 giugno che secondo Oktay Akbal, famoso analista politico di Cumhuriyet, il giornale difensore della laicità ed erede di Kemal Ataturk, fondatore della Turchia moderna, serviranno solo a decidere se mettere fine o meno «a otto anni di dominio assoluto di un solo uomo», cioè del predominio sulla scena politica del premier turco Recep Tayyip Erdogan.
L'Akp, il suo partito di governo islamico-moderato, dal 2001 in effetti corre da solo contro tutti (sinistra (Chp) e nazionalisti (Mhp), per tentare di superare il fantastico risultato elettorale del 47% di voti raccolti nel 2007. Un turco su due votò per Erdogan in quell'occasione, una marea oggi difficilmente ripetibile. Un exploit eccezionale ma oggi il premier tenta di superare non il record dei voti, ma la quota dei due terzi dei seggi in parlamento, di raggiungere cioè quel quorum di 337 deputati che da sola gli permetterebbe di cambiare la Costituzione senza dover trattare con gli altri tre partiti presenti in Parlamento.

Un disegno politico strategico che mette i brividi ai laici, ai nazionalisti e ai curdi. Ecco perché Oktay Akbal nel suo editoriale, che esprime il sentimento della dirigenza del Chp, il maggior partito di opposizione di eredità secolarista e di sinistra, usa toni apocalittici e parla apertamente di «una grande coalizione», che possa fermare l'Akp di Erdogan e «assumere il potere per salvare la Repubblica turca, che negli ultimi otto anni è stata distrutta, quasi trasformata in uno stato irriconoscibile, da quelli che cercano di creare una Repubblica islamica, moderata o radicale».
Esagerazioni elettorali? Forse ma Erdogan ha davvero una chance in più di fare il pieno dei seggi. Questa volta infatti potrebbe tentare di raccogliere i voti anche dei musulmani più radicali, quelli del partito Saadet Partisi, il partito della Felicità, che orfani dopo la morte avvenuta quest'anno di Necmettim Erbakan, 84 anni, il loro leader carismatico ed ex mentore politico dello stesso premier e presidente Gul, potrebbero questa volta abbandonare la piccola formazione e passare i consensi al partito di maggioranza che farebbe così l'en plein.

cco perché il 16 giugno tutti i voti sono utili, anche quelli curdi che senza rappresentanti andrebbero nelle file dell'Akp di Erdogan che nella precdente tronata elettorale fece il pieno a Diyarbakyr promettendo di concedere qualche spiraglio di autonomia.
La Ysk, l'Alta Commissione elettorale, però dopo gli scontri di piazza che hanno provocato un morto, ha deciso di fare un passo indietro. Due giorni fa l'istituzione aveva bloccato 12 candidature indipendenti filo curde alle prossime elezioni, motivando il fatto che tutti erano stati in precedenza condannati per legami con il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, organizzazione terrorista che da anni anni lotta per la creazione di uno Stato curdo indipendente, una guerriglia che ha provocato 40mila morti.

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