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Questo articolo è stato pubblicato il 20 aprile 2011 alle ore 20:20.

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Turchia, candidati curdi esclusi dal voto, dopo un morto Ankara ci ripensa. Nella foto una manifestazione di protesta contro l'esclusione dei candidati curdi dalle elezioni (Reuters)Turchia, candidati curdi esclusi dal voto, dopo un morto Ankara ci ripensa. Nella foto una manifestazione di protesta contro l'esclusione dei candidati curdi dalle elezioni (Reuters)

Ieri sera, dopo una giornata di proteste, la Commissione ha annunciato che prenderà in considerazione i ricorsi presentati dai candidati esclusi, lasciando così aperto uno spiraglio, a patto che questi «vengano presentati correlati dai documenti». Un'apertura che si accompagna alla notizia dei primi ricorsi presentati da sette degli esclusi, vicini al Partito per la pace e la democrazia (Bdp, principale formazione politica della causa curda), che hanno avviato le procedure per appellarsi contro la Commissione.
Una vicenda confusa, (forse un tentativo di dirottare i voti curdi verso l'Akp, il partito di maggioranza filoislamico oggi al potere ad Ankara) ma criticata da tutti i quotidiani turchi.

Secondo il giornale Milliyet alla base del cambio di rotta, ci sarebbe un cavillo procedurale e una nuova normativa che lo Ysk non ha applicato. Stando al nuovo codice penale in vigore dal 2005, i diritti civili persi durante il periodo di detenzione vengono acquisiti in automatico quando la pena è finita. Ma il 14 marzo però la stessa Commissione elettorale ha fatto diffondere una circolare nella quale si riferiva alle regole contenute nel vecchio codice penale e quindi alla vecchia normativa, che chiedeva ai candidati di presentare insieme con la candidatura anche un documento che attestava l'esaurimento della pena e la restituzione dei diritti civili. Insomma niente automatismi.
Una vicenda intricata. Gli avvocati di alcuni candidati, fra cui Leyla Zana, la pasionaria della causa curda, hanno riferito di essersi presentati nei tribunali per ottenere i certificati, per sentiti rispondere che non servivano più.

La vicenda assume tratti kafkiani con la Commissione elettorale in piena tempesta e che insiste per avere i certificati: i maggiori quotidiani, da Zaman a Hurriyet, si chiedono come faranno i candidati respinti a ottenerli visto che i tribunali non li rilasciano a causa della normativa cambiata.
La tensione nel paese da 48 ore è altissima. Oggi nel sud-est c'è stata una seconda giornata di scontri violenti fra curdi e forze dell'ordine, con uno dei manifestanti ucciso dalla polizia a Bismil, vicino a Diyarbakir, la "capitale morale" del Sud-Est a maggioranza curda. Ieri a Istanbul a Van e Yusekova, queste ultime due sempre nel Sud-Est del paese, migliaia di persone sono scese in piazza a protestare e non sono mancati momenti di forte contrasto con la polizia.
Pesante il bilancio delle manifestazioni:40 feriti e 102 arrestati.
E sfuma per ora la possibilità di una svolta politica. Il presidente Abdullah Gul, aveva chiamato per stasera a colloquio il segretario del Bdp, Nurettin Demirtas, auspicando che si potesse trovare una "soluzione" alla situazione. Quest'ultimo però ha deciso di non presentarsi in segno di lutto e protesta nei confronti del manifestante ucciso.

Ieri Demirtas aveva accusato apertamente l'Akp, il Partito islamico-moderato per la Giustizia e lo sviluppo al governo in Turchia e capeggiato dal premier Recep Tayyip Erdogan, accusandolo di aver spinto la Commissione elettorale a quella decisione per raccogliere i voti dei curdi nel Sud-Est e minacciando anche di fare boicottare le elezioni al suo elettorato. Un Aventino in questa fase sarebbe un suicidio politico per i curdi che invece devono puntare come sempre hanno fatto in passato all'elezione dei deputati indipendenti, unica via legale nel paese per avere voce e rappresentanza se il loro partito dovesse essere ostacolato nel presentare candidati nelle liste elettorali.
Per ora Bruxelles e la Commissione europea tacciono ma sarebbe il caso di far sentire la propria voce forte e chiaro per un paese che è pur sempre un candidato all'ingresso nella Ue, sebbene negli ultimi tempi abbia perso slancio e vigore verso questo ambizioso obiettivo.

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