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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2011 alle ore 08:51.

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Tornado IDS (www.aeronautica.difesa.it)Tornado IDS (www.aeronautica.difesa.it)

Non è chiaro quali argomenti siano stati utilizzati dall'Amministrazione statunitense ma devono essere stati molto efficaci se il governo italiano ha rovesciato improvvisamente le sue posizioni aderendo ai raid aerei contro le forze libiche.

La visita di venerdì a Roma di John Kerry (presidente della commissione esteri della Camera statunitense) latore di una lettera del presidente e la telefonata dello stesso Barack Obama lunedì sera hanno determinato la decisione di Silvio Berlusconi di «accogliere l'appello lanciato dalla Nato agli alleati e dare il via libera ad 'azioni mirate' su obiettivi libici» come ha reso noto un comunicato di Palazzo Chigi.

Impossibile non sottolineare che solo fino a pochi giorni or sono lo stesso Berlusconi e i ministri Frattini e La Russa escludevano anche negli incontri internazionali un maggior ruolo italiano nel conflitto. Nelle ultime ore il ribaltamento di fronte è stato giustificato dalla Farnesina con le richieste dei ribelli libici e dalla Difesa con la pesante situazione umanitaria di Misurata e dalla volontà dell'Italia di non «sentirsi da meno degli altri Paesi che hanno voluto assistere i cittadini che sono sotto i colpi dell'esercito di Gheddafi» come ha detto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa che si è affrettato a spiegare che non ci saranno «bombardamenti indiscriminati ma missioni con missili di precisione su obiettivi specifici» con l'obiettivo di «evitare ogni rischio di colpire la popolazione civile».

Al di là delle implicazioni politiche, con il no della Lega Nord che rischia di spaccare la maggioranza, sul piano strettamente militare la decisione del governo avrà un pesante impatto operativo e finanziario. Finora l'Italia ha fornito 12 aerei alla Coalizione (4 caccia Typhoon, 4 bombardieri "anti-radar" Tornado Ecr e 4 cacciabombardieri Harrier della Marina) impegnati in compiti di sorveglianza dello spazio aereo libico. L'avvio di operazioni di attacco coinvolgerà certamente gli Harrier ma probabilmente richiederà l'aumento dei jet assegnati alle operazioni di almeno 8 unità con 4 bombardieri Tornado IDS e altrettanti cacciabombardieri AMX Acol come quelli impiegati disarmati in Afghanistan.

In pratica raddoppieranno gli aerei italiani impegnati nelle operazioni e anche quelli di supporto e se dal 19 marzo a 24 aprile sono state effettuate circa 500 sortite per un totale di oltre 1.300 ore di volo (per un costo di oltre 45 milioni di euro solo per la componente aerea) è probabile che nel secondo mese di guerra questi dati raddoppieranno e con essi i costi. Le missioni di attacco al suolo contro depositi di munizioni, postazioni e mezzi dell'esercito di Gheddafi consumano munizioni di precisione quali bombe a guida laser o Gps (come le 900 Jdam e le 500 Small Diameter Bomb acquistate recentemente) del valore di qualche decina di migliaia di euro a esemplare o i missili Storm Shadow lanciabili dai Tornado che costano circa oltre 250 mila euro. Armi i cui consumi sono già più alti del previsto per britannici e francesi e che andranno messi in conto a una missione che al momento non ha ancora una copertura finanziaria garantita da un decreto ad hoc o da un'estensione del decreto che finanzia ogni sei mesi le missioni militari all'estero.

Al momento la guerra in Libia ricade finanziariamente sui già magri bilanci delle forze armate che quest'anno hanno subito un taglio del 18,2 per cento proprio alla vice "Esercizio". Di fatto Marina ed Aeronautica stanno dando fondo a riserve di carburante che dovevano coprire l'intero anno per non parlare dei costi del personale che tra indennità di missione e straordinari stanno superando ogni previsione di spesa messa a bilancio. Basti pensare che le cinque unità navali impegnate nelle operazioni di fronte alle coste libiche (portaerei Garibaldi, un caccia, una fregata, un rifornitore e una corvetta) costano ogni giorno circa 350 mila euro di spese vive.

I tempi per rendere operativi i jet italiani nei nuovi compiti di attacco sono brevi: 24 ore secondo la Difesa, 72 secondo il generale Leonardo Tricarico, ex capo di stato maggiore dell'Aeronautica e membro della Fondazione Icsa, per il quale il rischio di provocare danni collaterali è altissimo. "Le azioni mirate, dunque i bombardamenti, sono molto pericolosi, anche perché di obiettivi militari dopo oltre un mese di azioni alleate ne dovrebbero essere rimasti ben pochi''.

La Nato ha chiesto a tutti i partner di affiancare i jet dei sette Paesi che effettuano attacchi al suolo (Usa, Gran Bretagna, Francia, Danimarca, Belgio, Canada e Norvegia) per intensificare le incursioni contro i mezzi terrestri dell'esercito libico che schiera artiglierie e corazzati nei centri urbani per render più rischiose le incursioni aeree alleate mentre le truppe libiche si muovo generalmente si veicoli civili per non costituire un bersaglio.

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