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Questo articolo è stato pubblicato il 29 aprile 2011 alle ore 07:39.

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Umberto Bossi (Ansa)Umberto Bossi (Ansa)

«Allora può capitare di tutto». Così Umberto Bossi ha risposto a notte fonda ai giornalisti che gli chiedevano cosa succederà se Silvio Berlusconi non cambia la sua posizione sulla Libia. «Può capitare di tutto», ha insistito il leader leghista, dopo che, in un comizio a Domodossola, aveva chiarito che la Lega «non farà cadere il governo per la Libia». Bossi ha poi ribadito la contrarietà del suo partito alla partecipazione italiana ai raid. «Noi - ha garantito - non facciamo un passo indietro». (Agi)

di Barbara Fiammeri
All'indomani dello strappo con la Lega, Silvio Berlusconi sale al Quirinale per confermare a Giorgio Napolitano la volontà del suo governo di mantenere l'impegno assunto sulla missione in Libia. Il premier coglie anche l'occasione per annunciargli nuovamente l'intenzione di voler quanto prima provvedere al rimpasto di governo con i Responsabili.

Un'ora di colloquio in cui il premier, accompagnato da Gianni Letta, assicura al Capo dello Stato che con Bossi troverà una soluzione. Quale sia al momento è ancora però da definire. Anche se dal senatur. dopo 24 ore di silenzio, arrivano segnali distensivi. Da Domodossola, il leader del carroccio ha detto ieri sera che «io non voglio certo far saltare il Governo» spalancando le porte di Palazzo Chigi alla sinistra. Tuttavia nelle parole di Bossi non mancano nuove stoccate verso Berlusconi. A iniziare dalla rinnovata critica di 'sudditanza' imputata all'Italia nei confronti della Francia: «povero Berlusconi - dice il leader del Carroccio - è rimasto un pò scombussolato» dalle richieste di Nicolas Sarkozy. Tante, forse troppe richieste: dalla Libia a Parmalat fino a Edison, tanto per citare i capitoli principali indicati in sofferenza dalla Lega in questi giorni.

La Lega dunque al momento resta sulle sue posizioni ma non sembra intenzionata a spingersi fino alle estreme conseguenze, ovvero a una rottura plateale con il resto della maggioranza. «Finora Lega e Pdl hanno sempre trovato l'intesa», è il mantra che viene ripetuto dai massimi esponenti del Pdl e dello stesso premier. Anche perché il Cavaliere sostiene di «comprendere» la posizione del Carroccio. La decisione di armare i Tornado – spiega il premier – non è stata fatta a cuor leggero, «ma non potevamo tirarci indietro». Insomma, il pressing degli alleati della Nato, in particolare degli Stati Uniti, non avrebbe consentito al Cavaliere vie d'uscita, pena «la marginalizzazione del nostro ruolo sullo scacchiere internazionale». La stessa preoccupazione del Quirinale, che in queste ore avrebbe esercitato la sua moral suasion sia tra le forze di maggioranza che nell'opposizione.

Le parole pronunciate ieri da Gianfranco Fini, al termine della Capigruppo che ha fissato per il tre maggio il dibattito sulle mozioni presentate per ora da Pd, Idv e Terzo polo, ne sono indirettamente la conferma. Il presidente della Camera ci ha tenuto a far sapere che valuterà in modo «scrupoloso» se il voto sulle mozioni che i gruppi stanno depositando sulla missione in Libia non vada a confliggere con il voto già espresso il 24 marzo scorso dal Parlamento sulla risoluzione dell'Onu. In sostanza Fini fa sua la posizione di Napolitano, che aveva definito lo sviluppo della missione italiana coerente con quanto già deciso dal Parlamento. E non a caso il primo a ribadire questo principio è stato il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto che – come il premier – vuole evitare una rischiosa conta parlamentare.

Anche per questo Berlusconi ieri ha nuovamente fornito assicurazioni ai Responsabili sull'imminente rimpasto di governo. Un argomento che il premier ha voluto far entrare nel faccia a faccia con Napolitano. Le assenze di sei Responsabili durante il voto sul Def non sono passate inosservate. Il gruppo guidato da Luciano Sardelli è alle prese con diatribe interne. I posti a disposizione nell'Esecutivo non sono infatti sufficienti a "coprire" le esigenze di tutte le micro-formazioni che compongono Ir. Il premier ha garantito che il rimpasto si farà, come annunciato, al prossimo Consiglio dei ministri che dovrebbe tenersi martedì, in coincidenza con le mozioni sulla Libia.

Qualcuno dubita però che la scadenza sarà rispettata. L'accordo con la Lega sul caso Libia è prioritario e innervosire ulteriormente Bossi con questioni di poltrone, per di più a pochi giorni dalle amministrative potrebbe rivelarsi inopportuno. E poi Berlusconi deve evitare che tutte le postazioni attualmente libere siano assegnate, pena il rischio di far desistere chi è sul punto di schierarsi a sostegno del governo. Senza contare i mal di pancia interni agli stessi Responsabili. «Ci sono troppi pretendenti» dice senza mezzi termini il segretario dell'Adc, Francesco Pionati.

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