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Questo articolo è stato pubblicato il 03 maggio 2011 alle ore 12:06.

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Il leader dei Veri finlandesi, Timo Soini (Afp)Il leader dei Veri finlandesi, Timo Soini (Afp)

I Veri Finlandesi dicono no al salvataggio del Portogallo, dopo che avevano lanciato sabato scorso segnali di cauta apertura per la costituzione di un nuovo esecutivo ad Helsinki. Cosa è successo in due giorni? Il leader dei Veri Finlandesi Timo Soini, terza forza elettorale del piccolo paese nordico dopo le ultime elezioni politiche, ha dovuto fare una precipitosa marcia indietro per la rivolta interna al partito scaturita nella base che ha accolto come un tradimento degli impegni elettorali l'apertura ai bailout del Portogallo fatta sabato scorso dal numero due della formazione politica.

Tutto da rifare, dunque, mentre si avvicina la data del 15 giugno, giorno in cui scadono 5 miliardi di euro di bond portoghesi mentre il Governo di Lisbona ha in cassa appena tre miliardi di euro ed è quindi nell'impossibilità di fronteggiare l'emergenza senza che nel frattempo ottenga almeno una tranche del piano di aiuti promesso dalla Ue e Fmi da 80 miliardi di euro.

Le cancellerie dell'eurogruppo stanno pensando a qualche escamotage tecnico come l'astensione della delegazione finlandese al prossimo vertice Ue dove serve l'unanimità per varare il piano di salvataggio per il Portogallo ed evitare il default lusitano. Il problema è che i Veri Finnici non vogliono nemmeno sentire parlare della modifica del Fondo salva stati che dovrebbe salire a 440 miliardi di euro di disponibilità e coinvolgere i privati nelle eventuali perdite sui bond in caso di ristrutturazione. I finlandesi si oppongono perché ritengono che il fondo salva stati trasformerebbe l'Unione europea - e in particolare il gruppo dei 17 paesi dell'Eurozona - in una federazione con maggiori poteri alla commissione.

Effettivamente il nuovo Fondo salva stati diverrebbe un organismo più strutturato, con un suo presidente che potrebbe intervenire con una certa tempestività e autonomia come una sorta di Fmi in caso di crisi nei paesi dell'Eurozona.

Ecco perché la partita è così importante. La crisi portoghese si intreccia con quella greca e quella irlandese (tutte ancora in fase di risoluzione) mentre i mercati sembrano premiare l'euro e la politica di continui rialzi dei tassi annunciata dalla Bce. Certo salvare i periferici con l'aumento dei tassi sarà sempre più complesso e oneroso ma la politica monetaria di Eurolandia sembra sempre di più fatta su misura per l'economia tedesca, che corre e che teme il rialzo dell'inflazione. D'altra parte le economie di Irlanda, Grecia e Portogallo sono pari a quella della Florida e la Federal Reserve certamente non basa le sue scelte monetarie su quelle di un solo stato ma sule esigenze della maggioranza dei 50 stati americani.

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