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Questo articolo è stato pubblicato il 04 maggio 2011 alle ore 14:45.

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Frattini e Bossi durante la mozione. 4 maggio 2011 (AFP)Frattini e Bossi durante la mozione. 4 maggio 2011 (AFP)

Passa alla Camera con 309 sì, 294 no e 2 astenuti la mozione della maggioranza sull'intervento italiano in Libia. Il Pdl invece si astiene sulle mozioni del Pd e del Terzo polo. La prima incassa così il via libera con 260 sì, 21 no e 316 astenuti. Mentre il documento di Casini&co ottiene 265 sì,45 no e 291 astenuti. Respinto invece il testo presentato dall'Italia dei Valori con 381 no, 20 sì e 196 astenuti. Il premier soddisfatto: «Abbiamo approvato la mozione - ha detto Silvio Berlusconi al termine della votazione - e abbiamo dimostrato ancora una volta che la maggioranza e il Governo sono solidi».

Bossi: la Lega ha vinto, trovata la quadra
La Lega incassa così il risultato e Umberto Bossi gonfia il petto. «La Lega ha vinto. Ce l'ha sempre duro». Quanto ai rapporti con il premier Silvio Berlusconi, il leader del Carroccio rassicura. «Con Berlusconi siamo sempre amici. Abbiamo trovato la quadra». Ma in Aula il Carroccio insiste sulla fine delle operazioni. «Sappiamo quando è iniziata - attacca il capogruppo Marco Reguzzoni -, abbiamo il diritto di sapere quando finirà la guerra in Libia». Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, parla invece di «vergognosa sceneggiata», mentre il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini prima solidarizza con Frattini e poi avverte. «Non c'era bisogno di questo dibattito, c'era già copertura piena della missione. E comunque la mozione della maggioranza è ridicola». Ancora più tranchant il numero uno dell'Idv, Antonio Di Pietro. I raid mirati sono «ipocrisia allo stato puro, l'Italia è in guerra e la realtà è stata mistificata: stiamo facendo un'azione di guerra».

Frattini: oggi non si può fissare la data di fine missione
Prima dell'inizio delle dichiarazioni di voto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, era tornato, nel corso del suo intervento alla Camera, sul punto più controverso della mozione di maggioranza: la fine delle operazioni in Libia per rimarcare l'impossibilità di fissare oggi una deadline ai raid mirati.«Non è oggi da parte mia possibile dire in quest'Aula quale sarà la data» della fine della missione militare italiana. Roma, aveva quindi sottolineato il titolare della Farnesina, proporrà alla Nato di «trovare insieme un momento conclusivo delle azioni mirate». Poi, per conto del governo, Frattini aveva pronunciato parere favorevole alla mozione Pdl-Lega-Responsabili e si era rimesso all'Aula per quelle del Pd e del Terzo polo. Parere contrario invece per la mozione "pacifista" dell'Idv.

Stamane riunione fiume del Pd per riformulare la mozione
Stamane il Pd aveva riformulato la sua mozione nel corso di una riunione durata più di due ore. Risultato: una stesura più articolata della precedente con la quale si chiedeva di proseguire con l'azione di protezione dei civili e di «avviare quanto prima nelle sedi internazionali una forte iniziativa politico-diplomatica» sotto il coordinamento dell'Onu per «giungere quanto prima a un cessate il fuoco».

La ricerca in extremis di un asse tra Democrats e dipietristi
Nel nuovo testo, rivisto alla luce dell'accordo tra Pdl e Lega raggiunto ieri, i democratici sollecitavano anche l'impegno del governo per «arrivare a una conferenza di pace con il pieno coinvolgimento di tutti gli attori regionali». Un tentativo, quest'ultimo, collegato anche alla richiesta di assicurare «interventi umanitari anche in Libia per la protezione dei profughi e dei richiedenti asilo», che è stato messo a punto dai democratici per provare a trovare una sponda nell'Idv. Tanto che stamane non erano passate inosservate le dichiarazioni di Massimo Donadi, capogruppo dipietrista a Montecitorio. «È possibile che votiamo una gran parte della mozione Pd salvo dove si dice sì alle bombe». Alla fine, però, l'indicazione è quella di un incrocio di astensioni sulle rispettive mozioni.

I distinguo in casa democratica: l'astensione dell'ala "pacifista"
Nel corso della riunione di stamane in casa dei democratici non erano comunque mancati i distinguo. Soprattutto da parte della componente "pacifista" dei Democrats (sei deputati in tutto), capeggiata dall'ex presidente della provincia di Roma, Enrico Gasbarra. Che aveva ribadito la proprio decisione di astenersi, mentre il segretario Pier Luigi Bersani aveva sottolineato come «mentre noi siamo qui a discutere del futuro del Mediterraneo la maggioranza si preoccupa delle amministrative e di come spartirsi i posti».

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