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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2011 alle ore 16:28.

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Graffiti in Libia (Ap)Graffiti in Libia (Ap)

Dopo quasi due mesi di raid aerei la Nato non è ancora riuscita a distruggere neppure tutta la debole aeronautica di Gheddafi, annientata all'80 per cento secondo fonti militari francesi, né a portare gli insorti a Tripoli né, nonostante i tentativi, a uccidere Muammar Gheddafi.

Il tentativo di imprimere una svolta al conflitto non emerge solo dall'incremento dei raid aerei ma anche dai maggiori sforzi compiuti nelle operazioni psicologiche, cioè propaganda e disinformazione tese a influenzare l'opinione pubblica libica per far crollare il consenso nei confronti del regime.

Volanti aviolanciati e messaggi radiofonici sono stati utilizzati per far allontanare i civili e le truppe del rais dai centri di comando di Gheddafi. «Abbiamo già lanciato 140 mila volantini e utilizzato sistemi radio aerotrasportati per avvertire i civili di allontanarsi dai centri di comando e controllo e dai mezzi militari di Gheddafi», ha detto lunedì il tenente colonnello Mike Bracken, portavoce militare per l'operazione della Nato, nel corso di una conferenza stampa nella base di Bagnoli. I volantini e i messaggi radio vengono utilizzati anche per indurre le forze governative a disertare. Si tratta di «convincere le forze pro-Gheddafi ad abbandonare qualunque attrezzatura militare, inclusi i velivoli, le imbarcazioni, i veicoli e le installazioni e di tornarsene a casa», ha detto Bracken mentre la portavoce della Nato, Oana Lungescu, ha affermato che "«e informazioni in nostro possesso ci confermano che ci sono defezioni tra le truppe di Gheddafi, anche se non abbiamo un riscontro diretto».

Nei dettagli la Nato sta trasmettendo messaggi sulle frequenze della radio dell'esercito libico utilizzando anche i velivoli speciali statunitensi EC 130 Commando Solo , una versione del cargo Hercules che rappresenta di fatto una stazione radio televisiva volante in grado di inserirsi con sue trasmissioni sui canali utilizzati dai media del Paese nemico. Nelle trasmissioni pirata la Nato chiede ai lealisti di arrendersi e affermando che mercenari stranieri stanno violentando le donne libiche.

«Nessuno ha il diritto di rendere la vita del suo stesso popolo un inferno in terra», è uno dei messaggi ascoltati da un cronista della Reuters su una radio militare del regime presa dagli insorti. «Smettetela di combattere contro la vostra gente», prosegue il messaggio nel quale si afferma poi che la leadership libica ha perso il controllo e ha reclutato mercenari stranieri permettendogli di «violentare la vostra gente». I messaggi sono trasmessi in inglese e in arabo. Si ascolta tra l'altro anche una voce di donna che chiede: «Perchè, figlio mio, perchè uccidi la nostra gente?». E il grido di un bambino che piange: «Papà, torna a casa, smettila di combattere».

Concetti e strumenti lessicali non certo nuovi nel campo delle Operazioni Psicologiche, con richiami alle famiglie e alle donne già utilizzati contro le truppe irachene che avevano invaso il Kuwait nel 1990 mentre i giapponesi già nel 1942 utilizzavano a Guadalcanal trasmissioni che invitavano i marines a tornare a casa perché, mentre combattevano e morivano nel Pacifico, le loro donne li tradivano. «Dal debutto delle operazioni, abbiamo incoraggiato le forze pro-Gheddafi a deporre le armi», ha detto Bracken «ma recentemente, abbiamo intensificato queste attività distribuendo volantini e utilizzando sistemi radio per dire alle truppe leali a Gheddafi di allontanarsi da tutti gli equipaggiamenti militari, compresi aerei, navi, veicoli e infrastrutture, che potrebbero diventare un target dei raid aerei degli Alleati». Il consiglio scritto sui volantini e gridato sulle frequenze radio alle truppe pro-Gheddafi è quello «di rientrare nelle loro caserme e nelle loro case», ha aggiunto. Alla campagna di volantinaggio si è aggiunta anche l'Italia con il lancio di 400 mila volantini su Tripoli effettuato ieri da un cargo C-130J italiano in volo a 7 mila metri di quota. Il testo era stato elaborato per conto del Consiglio Nazionale di Transizione, poiché i ribelli libici intendevano far arrivare ai cittadini della capitale libica «un messaggio di pace».

L'attività è stata pianificata dal Comando Operativo Interforze della Difesa e condotta congiuntamente dagli specialisti delle Psy-ops dell'Esercito, il 28° reggimento "Pavia" di Pesaro schierato anche in Afghanistan, dell'Aeronautica e dall'Intelligence. I volantini, lanciati dopo meticolosi calcoli per valutarne il punto di arrivo, hanno toccato terra in varie zone di Tripoli e dintorni. Questo il testo: «La Libia è una e la sua capitale è Tripoli. Oggi vi chiediamo di unirvi tutti e di prendere la decisione giusta e saggia. Unitevi alla nostra rivoluzione. Costruiamo la Libia lontano da Gheddafi. Libia, unificata, libera, democratica». Un "blitz" propagandistico reso noto dal Ministero della Difesa (a differenza di quelli effettuati dagli aerei italiani con armi vere) che ricorda quello più artigianale effettuato da Gabriele D'Annunzio su Vienna il 9 agosto 1918, col lancio di manifestini che affermavano la forza dell'Italia e l'inevitabile sconfitta degli austriaci.

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