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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2011 alle ore 15:20.

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Parla per loro quella nona fila nella quale prendono posto. Ben distanti da Gianfranco Fini e da Italo Bocchino, il cui intervento non accompagnano mai con un battimani. Nemmeno quando nella piccola sala del residence di Ripetta, nel cuore di Roma, l'assemblea nazionale di Fli prorompe in un applauso fragoroso dopo che il vicepresidente finiano ha appena finito di dire «che oggi noi non dobbiamo fare la ruota di scorta del berlusconismo». Troppo presto invece per dire cosa faranno Adolfo Urso e Andrea Ronchi, critici verso la scelta del Terzo polo di non sostenere i candidati del centro-destra al ballottaggio. Seduti in nona fila i due "dissidenti" di Fli parlottano per tutto il tempo e lasciano la sala prima del voto finale che ratifica con una larga maggioranza (solo tre gli astenuti) la scelta di non allinearsi ai ballottaggi.

I falchi futuristi strigliano Urso e Ronchi
Nessuno, ieri, avrebbe scommesso sulla loro presenza, ma i due hanno scelto di esserci malgrado gli screzi degli ultimi giorni e le critiche giunte soprattutto da alcuni dei falchi di Fli che anche oggi riecheggiano al residence Ripetta. «Aspetto di vedere e di sentire tesi diverse sulla scelta per i ballottaggi, che avrebbero anche un largo seguito - attacca dal palco Roberto Menia -, ma purtroppo non ne vedo traccia». E Carmelo Briguglio è ancora più esplicito. «Si può anche andare via da Fli per una convinzione politica profonda, e di questo avremmo rispetto, ma se poi uno perchè a Palazzo Grazioli si è conservato una casella diventa ministro, o sottosegretario, o qualcosa del genere, non possiamo dare dignità politica o rispetto nè ora nè dopo». Ma Urso si rammarica soprattutto per le parole pronunciate da Bocchino contro Berlusconi e per la decisione presa due giorni fa che l'assemblea oggi dovrà solo limitarsi a ratificare. Senza dibattito o possibili ripensamenti, come invece vorrebbero i due malpancisti.

Ieri faccia a faccia tra Fini e l'ex viceministro dello Sviluppo
Non ci sta in particolare l'ex ministro Ronchi, dato ormai in uscita da Fli e avviato verso, mormora più di qualcuno nel Pdl, la poltrona di titolare del dicastero delle Politiche comunitarie. Che l'ormai dimissionario presidente delll'assemblea nazionale di Fli aveva abbandonato qualche mese fa per seguire Fini. Altri tempi, altre sintonie che ora sembrano venute meno visto il gelo che divide Ronchi e Urso dal leader di Fli. Che ieri ha voluto sentire l'ex viceministro dello Sviluppo economico per capire le ragioni della sua scelta e per provare a convincerlo a rimandare qualsiasi strappo a dopo le elezioni.

Bocchino avvisa i dissidenti: i dirigenti tacciano ai ballottaggi
Un confronto accorato che non è però servito a ricucire la frattura. Anche se ai cronisti che gli chiedono lumi sul futuro, Ronchi si limita a rispondere con una battuta. «Io non sono come una bandiera». Un tentativo di tacitare le voci di chi lo considera già tra le braccia di Berlusconi. Ma hanno entrambi ben chiara la percezione di essere ormai perennemente sul banco degli imputati. Soprattutto quando Bocchino, dal palco, ribadisce la posizione del terzo polo. «La linea del partito è di non sostenere alcun candidato: nessun dirigente, neanche usando il trucchetto di dire che parla da privato cittadino, può dire per chi voterebbe». D'intesa col terzo polo, prosegue ancora Bocchino, «Fli ai ballottaggi non sostiene né gli uni né gli altri candidati, né i giustizialisti né i fallimenti di Berlusconi, né i candidati amici di quel Cosentino che i pm inseguono per rapporti con la camorra. Gli elettori sceglieranno liberamente, massima libertà di coscienza». Un messaggio al Pdl, ma prima di tutto al duo Urso-Ronchi.

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