Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2011 alle ore 13:05.

My24

La crisi ha avuto un impatto pesante sul lavoro, con oltre mezzo milione di occupati in meno, di cui più della metà nel Mezzogiorno. Secondo il rapporto annuale Istat, «in Italia l'impatto della crisi sull'occupazione è stato marcato. Nel biennio 2009-2010 gli occupati sono scesi di 532mila unità, di cui ben 280mila al Sud . La flessione riguarda anche il Nord (-1,9%, pari a -228mila unità), «mentre le regioni centrali rimangono sostanzialmente indenni dalle ricadute della crisi».

Circa i tre quarti della caduta dell'occupazione «hanno riguardato l'industria in senso stretto (-404mila), nonostante l'ampio uso della Cig (ordinaria, straordinaria, in deroga)». Al Sud «la discesa della manodopera industriale è doppia in confronto al Centro-Nord (rispettivamente 13,8% e 6,9%), contribuendo a ridurre ancora di più il tasso di industrializzazione di questa area geografica».

Occupazione giovani cala 5 volte più del totale
È proseguita nel 2010 la caduta degli occupati tra i 18 e 29 anni (-182mila unità) dopo quella particolarmente significativa del 2009 (-300 mila unità). In termini relativi, il calo dell'occupazione giovanile (-8,0 e -5,3%, rispettivamente nel 2009 e nel 2010) «é stato circa cinque volte più elevato di quello complessivo». Nel 2010, «é occupato circa un giovane ogni due nel Nord, meno di tre ogni dieci nel Mezzogiorno». Il calo dell'occupazione, osserva ancora l'Istat, «si é concentrato nell'occupazione permanente a tempo pieno (-1,7%, pari a -297mila unità), a differenza di quanto accaduto nel 2009, quando aveva interessato tutte le figure lavorative».

L'Istat rileva inoltre che nel 2010 l'occupazione é rimasta stabile per le donne ma é peggiorata la qualità del loro lavoro. È infatti scesa «l'occupazione qualificata, tecnica e operaia (-170mila unità), ed è aumentata soprattutto quella non qualificata (+108mila unità). Si tratta soprattutto di italiane impiegate nei servizi di pulizia a imprese ed enti e di collaboratrici domestiche e assistenti familiari straniere».

Donne meno pagate degli uomini
Altri fattori di peggioramento qualitativo dell'occupazione femminile sono: la crescita del part time, «quasi interamente involontaria e concentrata nei comparti di attività tradizionali (commercio, ristorazione, servizi alle famiglie e alla persona) che presentano orari di lavoro poco adatti alla conciliazione con i tempi di vita»; l'aumento delle donne sovra istruite «con un lavoro che richiede una qualifica più bassa rispetto a quella posseduta»; la disparità salariale di genere «che rimane notevole nel 2010. Infatti, la retribuzione netta mensile delle lavoratrici dipendenti é in media di 1.077 euro contro i 1.377 euro dei colleghi uomini, in termini relativi circa il 20% in meno».

Complessivamente, osserva l'Istat «la partecipazione delle donne al mercato del lavoro continua a essere molto più bassa in Italia rispetto al resto d'Europa».

Due milioni i giovani "scoraggiati" nella ricerca del lavoro
Da segnalare infine come siano circa 2 milioni nel 2010 gli italiani che hanno rinunciato a cercare lavoro. Di questi 1,5 milioni sono effettivamente «scoraggiati», ovvero hanno deciso di smettere di cercare un impiego perchè convinti di non poterlo trovare, mentre circa 500mila sono ancora in attesa degli esiti di passate ricerche. Gli scoraggiati sono ormai il 10% della popolazione inattiva, con una punta di poco inferiore al 16% nel Mezzogiorno. Si tratta di una percentuale ai vertici della classifica dei Paesi europei. Infatti, conclude l'Istat, «rispetto all'insieme dei Paesi dell'Unione, l'Italia registra un'incidenza più che doppia, sul totale delle non forze di lavoro (15-64 anni), degli inattivi scoraggiati». La quota italiana è più che doppia rispetto a quella della Spagna e sei volte quella della Francia.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi