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Questo articolo è stato pubblicato il 26 maggio 2011 alle ore 16:50.

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Quel brindisi per gli 8mila civili uccisi a SrebrenicaQuel brindisi per gli 8mila civili uccisi a Srebrenica

Il massacro di Srebrenica, ottomila morti, avvenne l'11 luglio 1995, nell'indifferenza, se non con la complicità, delle autorità internazionali e del comandante locale del contingente olandese che si spinse a brindare con il generale Ratko Mladic, il capo dell'esercito serbo-bosniaco. La città rimase chiusa ai giornalisti e fu possibile raccogliere soltanto le testimonianze dei sopravvissuti in fuga che scendevano dalle montagne terrorizzati.

In un bosco scorgemmo una donna appesa a un albero: si era impiccata pur di non farsi catturare dalle milizie serbe. In un prato c'erano i resti di un uomo che si era fatto saltare in aria con una bomba a mano, per non essere preso vivo. Molti avevano visto uccidere mariti, figli, fratelli, sorelle, e non riuscivano neppure a parlare, ad alzare gli occhi da terra, quasi si vergognassero di essere ancora vivi.

L'attualità di Srebrenica e della cattura di Mladic, al di là delle sentenze dei tribunali internazionali, è ancora oggi il racconto lancinante delle vittime di una vicenda che non può essere consegnata definitivamente soltanto ai libri di storia. Qualche tempo fa incontrai uno dei sopravvissuti. Era stato ferito e aveva perso conoscenza mentre le milizie di Mladic intorno a lui trucidavano dozzine di persone da seppellire in una fossa comune.

«Svenni su una catasta di cadaveri e i serbi pensarono che fossi morto e anch'io credevo di essere morto. Rimasi rannicchiato per ore fino al mattino seguente quando una mano afferrò il mio braccio, cominciò a scuotermi, a sollevarmi, e alla fine mi trascinò via».

Mladic e le guerre balcaniche sono racconti come questi. Storie che continuano a uscire, anni dopo, dalle bocche dei sopravvissuti, come le voci delle vittime delle stragi naziste turbano ancora, per fortuna, le nostre coscienze. Eppure le stragi dei Balcani, dieci anni di conflitti, centinaia di migliaia di morti, milioni di profughi, appaiono già ricordi sbiaditi nella storia e nella memoria europea. Come se avessimo attraversato invano quelle montagne e quelle pianure per raccontare quello che vedevano e sentivamo, con città e villaggi perforati e triturati da bombardamenti e granate, in una sorta di delirio etnico che sembrava non avere mai fine. Ratko Mladic, assieme a Radovan Karadzic e a Slobodan Milosevic, fu uno degli architetti e degli autori dei massacri balcanici. Uno dei peggiori colpevoli. I suoi complici nei massacri di ieri sono coloro che oggi vorrebbero dimenticare.

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