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Questo articolo è stato pubblicato il 31 maggio 2011 alle ore 19:06.

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Mikhail Khodorkovsky, ex patron della Yukos, non è un perseguitato politico e il suo arresto e la sua carcerazione preventiva, durata un anno e sette mesi, non sono stati il frutto di una macchinazione ai suoi danni. Lo ha stabilito oggi la Corte europea dei diritti umani, che però ha condannato Mosca a pagare a Khodorkovsky un risarcimento di diecimila euro per non aver rispettato il suo diritto alla libertà e averlo sottoposto a trattamento inumano e degradante.

Khodorkovsky aveva fatto ricorso a Strasburgo nel 2004 mentre si trovava in carcere, con l'accusa di frode ed evasione fiscale, in attesa del processo che sarebbe finito nel 2005 con una condanna a otto anni di detenzione. Nel ricorso, Khodorkovsky sosteneva che le sue condizioni carcerarie e il fatto di essere tenuto in una gabbia durante le udienze in tribunale costituivano un trattamento umiliante. Inoltre l'ex uomo d'affari, uno dei più ricchi di Russia, scriveva nel suo ricorso che non solo il suo arresto e la sua detenzione preventiva erano stati motivati politicamente ma che avevano anche violato il suo diritto alla libertà, cosi come sancito dall'articolo 5 della Convenzione europea dei diritti umani.

I giudici di Strasburgo oggi gli hanno dato ragione per quanto riguarda alcuni aspetti del suo arresto e della sua detenzione. In particolare hanno trovato che le autorità russe hanno utilizzato uno stratagemma per arrestarlo: Khodorkovsky fu preso in custodia all'aeroporto di Novosibirsk da un gruppo di poliziotti armati che lo condussero a Mosca con la scusa che doveva essere interrogato come testimone dalle autorità inquirenti. In effetti nel giro di poche ore l'uomo si trasformò da testimone in inquisito. I giudici hanno anche stabilito che Khodorkovsky ha subito un trattamento inumano e degradante per parte della sua detenzione e per essere stato rinchiuso in una gabbia durante le udienze, nonostante non fosse un pericoloso criminale e non potesse fuggire.

La Corte ritiene inoltre che dopo un primo periodo di detenzione preventiva le autorità russe avrebbero dovuto liberare Khodorkovsky o dargli gli arresti domiciliari, visto che non c'era rischio di fugga, né che potesse inquinare le prove. I giudici di Strasburgo non hanno invece riconosciuto a Khodorkovsky lo status di perseguitato politico. Secondo la Corte «mentre il caso può far sorgere dei sospetti sui reali motivi che le autorità russe avevano per processare Khodorkovsky, l'accusa che l'azione giudiziaria sia motivata politicamente deve essere supportata da prove incontestabili, che non sono invece state prodotte dal ricorrente».

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