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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2011 alle ore 14:00.

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Mara Carfagna e Micaela Biancofiore (Ansa)Mara Carfagna e Micaela Biancofiore (Ansa)

La frase, Silvio Berlusconi, l'ha buttata lì davanti ai cronisti che lo inseguivano nei giardini del Quirinale. «In Campania avremmo potuto vincere con Mara Carfagna, ma l'avremmo consegnata alla camorra». Poche parole a conferma di un vecchio pallino di fatto mai accantonato. Perché se fosse stato per il Cavaliere, non ci sarebbe stata partita e Mara sarebbe stata candidata alla guida di Palazzo San Giacomo con l'obiettivo di ripetere l'exploit delle regionali. Quando il ministro delle Pari opportunità, classe 1975, salernitana doc, fece incetta di consensi incassando 56mila voti nella sua Campania e 21mila solo a Napoli, il doppio di Berlusconi.

Il vecchio pallino del Cavaliere: Carfagna sindaco di Napoli
Il premier, raccontano nel Pdl, «ha da sempre una forte simpatia per Mara», che non è stata intaccata nemmeno dai recenti screzi con la ministra, pronta a sbattere la porta dopo i forti dissidi, a novembre, con i vertici campani del partito attorno alla questione dei rifiuti. Poi la vicenda è rientrata e Berlusconi è tornato ad accarezzare l'idea di Mara sindaco di Napoli. Ma il progetto è finito rapidamente nel cassetto osteggiato dal potente ras campano del Pdl, l'ex sottosegretario Nicola Cosentino, che di Mara è acerrimo nemico da sempre. La Carfagna resterà dunque al suo ministero e nel partito dopo aver riposto le intenzioni battagliere.

L'insofferenza della Biancofiore che minaccia l'addio
Chi, invece, è ancora sul piede di guerra è Micaela Biancofiore, 40enne coordinatrice altoatesina del Pdl, che si è fatta le ossa sul territorio e che non fa mistero della sua delusione per la nomina di Alfano. «Questa dovrebbe essere la rifondazione del Pdl? Di sicuro non terrò i miei». La bolzanina deputata del Pdl (che i detrattori chiamano la "biondona" rispolverando un vecchio appellattivo affibbiatole da Enzo Biagi) coltiva propositi scissionisti e vorrebbe creare un movimento federato al Pdl, il cui nome e simbolo sarebbero già pronti: Forza nazionale. Non passa giorno che Micaela non chieda al Cavaliere un vero colpo di reni che, va detto, lei vorrebbe arrivasse fino alla sua Bolzano. Qui la deputata mal sopporta infatti l'ingerenza di Maurizio Gasparri e di Giorgio Holzmann suo emissario sul territorio dove l'astro della Biancofiore si va appannando. Lontanissimi, sembrano, infatti, i tempi in cui, nel pieno dell'ascesa, rideva accanto al premier che faceva il gesto, diventato famoso, del dito medio.

L'ascesa della Bernini: ugola d'oro e stakanovista delle tv
L'idillio con il Cavaliere e il Pdl sembra volgere al termine. Mentre si fa strada a via dell'Umiltà la giovane e spigliata avvocatessa bolognese Annamaria Bernini, figlia di Giorgio che fu ministro del commercio estero nel primo governo Berlusconi. Il nome di Annamaria, che ha conquistato il premier con la sua ugola d'oro a una cena di parlamentari con una rivisitazione di "Summertime" di Gershwin, era già emerso nelle scorse settimane come possibile pedina dell'allargamento del governo. Per lei si era infatti aperta la possibilità di un posto da viceministro allo Sviluppo, ma al rimpasto è rimasta a terra. Qualcuno nel Pdl sostiene che il suo nome balli ora per la successione ad Alfano, ma le chance di un suo approdo a via Arenula sono molto basse. Anche se la Bernini continua a essere sulla cresta dell'onda e si moltiplica nei salotti tv in difesa del premier.

La battaglia nelle retrovie della Brambilla
Chi invece sembra più defilata, pur rimanendo stabilmente nelle grazie del Cavaliere, è la rossa Michela Vittoria Brambilla. Che ultimamente si è battuta nelle retrovie accanto agli altri ministri 40enni di Liberamente per il rilancio del Pdl e la promozione di Alfano alla guida del partito. Un nuovo asse che può contare anche sul sostegno di altre donne del Pdl (oltre alla Carfagna, le ministre Gelmini e Prestigiacomo), espressione della nuova guardia del partito. Che guarda con diffidenza ad altri modelli femminili come quello incarnato dal sottosegretario Daniela Santanché, troppo aggressiva e considerata dalle giovani leve tra le cause della pesante sconfitta alle amministrative. Non solo a Milano.

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