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Questo articolo è stato pubblicato il 11 giugno 2011 alle ore 19:37.

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HERAT. L'imminente avvio del processo di transizione delle competenze di sicurezza tra le forze alleate e quelle afghane vedrà protagonista anche la regione occidentale dove gli alleati schierano circa 8 mila militari, per metà italiani. Forze guidate dal generale Carmine Masiello, 48 anni e un'esperienza maturata in molte missioni oltremare, dall'autunno scorso alla testa della brigata paracadutisti Folgore.

Come valuta la situazione militare nell'Ovest afghano?
Nel 2009, quando la Folgore venne schierata per la prima volta in Afghanistan, le attività di espansione della sicurezza coincidevano con scontri a fuoco con gli insorti. Quando si entrava in alcune aree si combatteva. Oggi questo non avviene più e gli insorti si limitano a lasciare sulle strade ordigni improvvisati. Non vedo una grande capacità offensiva degli insorti e in questa regione l'offensiva di primavera annunciata dai talebani mi pare per ora soprattutto un'offensiva mediatica. Sul campo non abbiamo registrato nulla di significativo se non l'attentato del 30 maggio a Herat che mi pare più un'azione rivolta contro la città simbolo della transizione nella regione Ovest.

I comandi militari afghani valutano che vi siano 3mila insorti attivi nell'Ovest. Quali sono le vostre stime?
Stimiamo che gli insorti siano alcune centinaia in tutto l'Ovest. I numeri che sento in giro sono a mio avviso fuorvianti. Se un tempo conducevano attacchi con decine di combattenti oggi operano con non più di
6-12 uomini, raramente abbiamo a che fare con gruppi più numerosi. Il loro numero si è ridotto e oggi temono le perdite. Anche quando effettuano imboscate fuggono dopo pochi minuti anche perché sanno che in tempi brevi arrivano aerei o elicotteri armati. Abbiamo recentemente effettuato un'operazione nell'area di Bala Murghab dove abbiamo allargato la cosiddetta "bolla di sicurezza", che in realtà è ormai ampia decine di chilometri, incontrando una resistenza minima. La popolazione ci ha dato un forte supporto indicandoci alcuni ordigni posizionati sulla strada, un episodio che ci ha confermato che siamo sulla strada giusta.

L'attentato a Herat influirà sulla transizione della sicurezza alle forze afghane?
L'attacco alla base del Provincial reconstruction team italiano ha dimostrato la capacità delle forze di sicurezza afghane di far fronte a queste minacce sia con una rapida reazione sia con il successivo arresto dei componenti di quella cellula che stava preparando un attentato contro un ufficiale della polizia di frontiera che avrebbe provocato decine di morti. Certo attentati sono sempre possibili nonostante gli sforzi dell'intelligence ma il distretto di Herat è pronto per la transizione che riguarderà in un prossimo futuro l'intera provincia. Un obiettivo al quale stiamo già lavorando concentrando le operazioni di sicurezza e di interventi a favore dei civili nei distretti più periferici. L'obiettivo è sottrarre la popolazione all'influenza degli insorti come prevede la strategia "population centric". Sicurezza e aiuti umanitari marciano di pari passo e l'ampliamento delle zone sicure consente di avviare iniziative a favore della popolazione.

Gli afghani ce la faranno da soli?
Le forze afghane stanno svolgendo un lavoro egregio, a volte incredibile per i mezzi e il livello di preparazione che hanno. Tutte le nostre operazioni vengono pianificate ed eseguite di concerto con loro nell'ambito del "Combined team west" che raggruppa i comandi alleati e afghani. Il mese scorso, nella provincia di Farah, la pressione congiunta di forze alleate e afghane ha indotto gli insorti a portarsi in villaggi dell'ovest esterni ai "key districts", le aree presidiate dalle nostre task force. Qui le truppe afghane hanno effettuato alcune operazioni in modo indipendente e con risultati brillanti.

Da più parti si parla di una rapida riduzione delle forze alleate.
I nostri uomini stanno facendo un ottimo lavoro con l'attuale livello numerico. Probabilmente con la transizione ci si potrà dedicare in misura maggiore alla partnership e al supporto degli afghani ma parlare di riduzione delle forze mi sembra prematuro. Le decisioni però spettano alla politica.

Ma Washington sembra voler avviare il ritiro dall'Afghanistan già da luglio.
Sotto il mio comando operano poco meno di 2 mila statunitensi e dalle indicazioni che ho non è prevista nessuna riduzione. Anzi,alcune capacità verranno migliorate.

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