Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2011 alle ore 15:59.

My24
Nella foto Alfonso Papa (Imagoeconomica)Nella foto Alfonso Papa (Imagoeconomica)

Alla Camera è sbarcato per la prima volta appena tre anni fa. Ma, leggendo le carte dell'inchiesta sulla P4, sembra che molti dentro il Palazzo già facessero il tifo per Alfonso Papa, napoletano, classe 1970, figura chiave della nuova loggia. È Gianni Letta a raccontare ai magistrati la fitta rete di relazioni del deputato del Pdl che gli confessò, quando era ancora un magistrato, le sue aspirazioni politiche. «Io rappresentai tale aspirazione del Papa a Berlusconi che mi disse di aver ricevuto molte altre sollecitazioni riferite a lui».

Da via Arenula alla Camera sognando un posto da sottosegretario
Papa ottiene così di fare il salto e da Via Arenula (dove è stato prima vicecapo di gabinetto con Castelli e poi direttore generale degli Affari civili con Mastella) sbarca nel 2008 a Montecitorio. Ma vuole subito di più. «Dopo l'elezione a deputato - racconta sempre Letta ai pm napoletani - il Papa mi chiese di fare il sottosegretario, ma non fu accontentato». Nelle carte processuali i magistrati ne danno un ritratto scarno ma efficace. Parlano di un uomo che «fa paura» ad alcuni imprenditori sentiti nell'ambito dell'inchiesta. Raccontano di soldi, oggetti preziosi e soggiorni in alberghi di lusso ottenuti da Papa in cambio di informazioni su inchieste giudiziarie.

Dieci anni a Napoli a stretto contatto con chi ora l'accusa
Perché lì, nei palazzi delle procure, a cominciare da quella di Napoli, il deputato vantava tutta una serie di relazioni costruite quando era ancora magistrato nel capoluogo campano. Dove svolse attività sindacale nella componente di Unicost. Poi, nel 1999, fu candidato alla giunta distrettuale dell'Anm e nel 2000 entrò a far parte della giunta nazionale del sindacato delle toghe. Dieci anni trascorsi all'ombra del Vesuvio a stretto contatto con chi ora l'accusa di essere il perno della presunta rete di affari messa su da Luigi Bisignani («Woodcock? Era uditore e stava nella stanza accanto alla mia», ha raccontato negli ultimi giorni).

Nessun timore per l'inchiesta: è una faida interna alla procura
Dei suoi vecchi colleghi non sembra avere alcuna nostalgia e, in una intervista rilasciata al Giornale nel dicembre scorso, derubricò l'inchiesta «a una faida interna agli ambienti giudiziari napoletani che mira a colpirmi». Le stesse parole ripetute anche ieri dopo la notizia dell'ordinanza di custodia cautelare emessa nei suoi confronti. «Sono assolutamente sereno, aspetto di vedere di cosa sarei accusato e ho già investito tutte le autorità competenti della vicenda che mi riguarda».

Mercoledì la giunta di Montecitorio decide del suo arresto
Le accuse dei pm sono tutte racchiuse nelle 263 pagine che compongono la domanda di autorizzazione a procedere inviata alla giunta per le autorizzazioni della Camera dai suoi ex colleghi di Napoli. Maurizio Paniz, solerte avvocato Pdl, lo ha rassicurato. «Non parlare con nessuno e stai tranquillo». Il 22 la giunta deciderà del suo arresto. Lui, nel weekend del referendum, è andato al mare («ho seguito l'invito di Berlusconi»). Chissà se lo farà anche mercoledì.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi