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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2011 alle ore 11:55.

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(Epa)(Epa)

L'Europa preme su Atene perché approvi la manovra di austerità e privatizzazioni da 28 miliardi di nuovi tagli e aumenti di imposte prima del rilascio della quinta tranche da 12 miliardi di euro del piano di aiuti Ue-Fmi. Il governo greco mostra ottimismo e dice che «non si aspetta problemi» ai primi di luglio per il versamento della tranche del prestito. Lo ha detto lunedì il nuovo ministro delle Finanze Evangelos Venizelos fresco di nomina.

Il ministro «ha fiducia nell'adozione del piano in parlamento» dove la maggioranza socialista potrà contare su 155 seggi su 300 nella votazione in programma il 28 giugno ha dichiarato una fonte del ministero, commentando i risultati dell'incontro, concluso nella notte a Lussemburgo, tra i ministri delle finanze della zona euro.

L'adozione di questo nuovo piano di ristrutturazione finanziaria, che ha causato forti proteste in Grecia, è stata chiesta esplicitamente dai partner come una condizione per il rilascio della quinta tranche pari a 12 miliardi di euro del prestito di 110 miliardi concesso nel maggio 2010. Continua la politica tedesca del cancelliere Angela Merkel di fare pressione su Atene perché faccia le riforme e sui privati (le banche e i fondi) perché partecipiano al secondo piano di salvataggio anch'esso da 110 miliardi.

Una strategia rischiosa perché porta lo scontro sull'orlo dell'abisso prima di fare un passo indietro all'ultimo momento. I mercati sono però stanchi di questo continuo braccio di ferro. il problema greco è europeo: salvare Atene significa salvare le banche europee e l'euro. Prima si fa è meglio è per tutti. Il presidente Nicolas Sarkozy e il cancelliere tedesco Angela Merkel a Berlino hanno detto che i privati entreranno nel piano di salvataggio bis senza però dare dettagli e sapendo che la Bce resta contraria a qualsiasi azione obbligatoria per evitare il credit event: dilazionare la soluzione farà solo aumentare i costi totali dell'operazione per i contribuenti europei.

Coinvolgere in corsa e in modo abborracciato gli obbligazionisti (tedeschi e francesi) contiene più rischi che vantaggi. Meglio rassegnarsi a cercare di mettere insieme qualche pezzo di politica fiscale o far partire gli Eurobond per diventare più europei altrimenti al premier George Papandreou non resterà che tornare alla dracma per andare in default e riconquistare la competitività perduta con la scorciatoia della svalutazione.

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