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Questo articolo è stato pubblicato il 19 giugno 2011 alle ore 16:14.
ROMA - Dopo il cartellino giallo agitato in direzione dell'Italia dall'agenzia di rating americana Moody's, ieri a mettere in guardia rispetto a un possibile rischio di contagio all'Italia e ad altri Paesi dalla crisi greca è intervenuto anche il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker. In un'intervista al giornale tedesco Suddeutsche Zeitung, nella quale esternava soprattutto la sua grande preoccupazione per l'eventualità di partecipazione malgestita dei privati al salvataggio della Grecia, Juncker ha affermato che il default ellenico «può contagiare il Portogallo e l'Irlanda ma poi, a causa del loro debito elevato, anche il Belgio e l'Italia, persino prima della Spagna».
Secondo il presidente dell'Eurogruppo, un'ipotetica dichiarazione di insolvenza della Grecia da parte di Moody's e le sue sorelle, proprio per via di questo rischio di trasmissione del contagio anche a Paesi grandi, «avrebbe conseguenze catastrofiche per la moneta unica. Stiamo giocando con il fuoco», ha aggiunto Juncker, riferendosi alle richieste avanzate ieri da Nicolas Sarkozy e Angela Merkel sulla partecipazione delle banche al salvataggio della Grecia.
In Italia, da un lato c'è chi si è affrettato a interpretare questi preoccupanti segnali esterni solo come un "assist" alla linea di rigore del ministro dell'Economia Giulio Tremonti (in procinto di presentare una manovra quadriennale da 45 miliardi); dall'altro lato c'è invece chi, come il ministro leghista Roberto Maroni, ha definito «quasi intimidatorio» l'annuncio dell'agenzia di rating.
Di qui a settembre, ha osservato Maroni, «può succedere di tutto e di più, non so se è normale che ci si comporti così, con dei messaggi quasi intimidatori per quello che potrà succedere tra tre mesi». Il ministro dell'Interno è tornato a invocare scelte coraggiose. «Noi siamo il Governo italiano e dobbiamo fare scelte importanti, impegnative e soprattutto coraggiose, dopodiché le agenzie di rating si accorgeranno che c'è un Governo che governa». Il ministro dell'innovazione, Renato Brunetta, ha consigliato di «non prendere le agenzie di rating come oro colato.
L'Italia, ce l'ha detto la Commissione europea, ha i conti a posto fino al 2012». Brunetta ha sottolineato che l'Italia, subito dopo il consiglio europeo del 23-24 giugno, intende «rispondere positivamente, come abbiamo scritto nel nostro documento di economia e finanza, agli impegni che abbiamo preso in sede europea. Quindi a Moody's dico: aspetta una settimana».
Anche le imprese non danno credito ai rischi paventati per l'Italia, ma solo se l'esecutivo rispetterà gli impegni concordati con l'Europa sul rientro del deficit e il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2014. «Io credo che – ha dichiarato il direttore generale di Confindustria, Giampaolo Galli – se l'Italia tiene fede, come il Governo ha detto di voler fare, al piano di rientro approvato dalla Commissione europea che prevede il pareggio di bilancio nel 2014, questi rischi dovrebbero essere fugati».
Gli imprenditori insistono però sulla necessità del rilancio della crescita, senza la quale non potranno mai essere realmente rimosse le debolezze di fondo del Paese. Il governo «deve fare di più sul piano della crescita». Nel Pnr «ci sono tante misure» che «se fatte seriamente possono sicuramente aiutare» lo sviluppo. Ma, ha avvertito Galli, «la crescita non può essere fatta con il debito».
L'Europa ha due giorni per salvare la Grecia (di Andrea Franceschi)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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