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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2011 alle ore 18:32.

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Esami di Stato. Prima giornata, prima prova: il tema. Non c'è studente intervistato davanti alla scuola che non dichiari di essere angosciato. Ma a essere angosciati - oltre che per il loro futuro lavorativo - sono i docenti di letteratura italiana che per tutto l'anno scolastico devono approntare diverse tipologie di tracce: l'analisi di un testo letterario, il saggio breve o articolo di giornale, un tema storico e uno di carattere generale. Il che comporta, per ogni traccia, fornire a ogni alunno copie dei testi letterari e artistici presi in esame, più una rassegna di brani e riflessioni autorevoli da libri e giornali.

Più o meno 5 fogli per alunno. Numero che va moltiplicato per 30 alunni e, poi, per il numero di classi in cui quel docente insegna. Si tratta di almeno 500 fotocopie ogni volta. Per fortuna il ministero dell'Istruzione non ha problemi a fare fotocopie. Ed ecco, la mattina del 22 giugno, materializzarsi i titoli sui banchi dei circa 500mila studenti. I campioni della scrittura facilitata, degli sms e delle chat ora devono cimentarsi con la scrittura, quella vera.

È scongiurata la paura più grande di alunni e genitori: che i titoli fossero pretenziosi e al di sopra delle reali possibilità dei diciottenni. Non sarebbe stata la prima volta, per i maturandi, di doversi cimentare con tracce adatte a studenti universitari. Quest'anno molti dei titoli sono adeguati. Per esempio il saggio breve d'ambito storico-artistico su Amore, odio, passione, un argomento intramontabile per i romantici d'ogni tempo, da Catullo (Odi et amo…) ai giovani spettatori italiani di accapigliamenti passionali in trasmissioni come Uomini e Donne.

Gli stimoli forniti sono audaci e accattivanti (La lupa di Giovanni Verga), soprattutto le immagini artistiche (da Gustav Klimt a Pablo Picasso). Peccato, però, che il titolo è simile a quello, sempre sull'amore, dell'esame svoltosi due anni fa. Da elogiare la proposta di analisi del testo di Giuseppe Ungaretti Lucca (da L'Allegria). I versi chiari e appassionati del poeta nato ad Alessandria d'Egitto da genitori lucchesi, esprimono la tensione esistenziale propria della condizione del migrante, la cui anima è divisa tra il Nord Africa e l'Italia. Anche il saggio breve o articolo giornalistico d'ambito scientifico, dedicato alla figura di Enrico Fermi è, sebbene di una certa difficoltà, di grande attualità. Porre l'accento sull'esperienza di vita del Nobel della Fisica 1938, costretto ad abbandonare l'Italia per gli Stati Uniti a causa delle leggi razziali fasciste – infatti sua moglie era ebrea – fa riflettere sul tema scottante dei problemi della ricerca in Italia e della fuga dei cervelli.

Interessante e abbordabile la traccia su Siamo ciò che mangiamo? che invita a meditare criticamente su cultura e alimentazione, reinterpretando una celebre frase di Ludwig Feuerbach. L'educazione alimentare a scuola, promossa negli ultimi anni in Italia da Slow Food, sarebbe una buona strategia per arginare la deriva di anoressia e bulimia. Davvero difficile il tema storico sugli anni '70 a partire da una riflessione di Eric Hobsbawm.

Difficile perché, con tutta la buona volontà dei docenti di storia e degli studenti, e di fronte a programmi ministeriali sterminati, raramente si arriva, purtroppo, ad approfondire la storia così recente. La teoria del "secolo breve" (il ‘900) di Hobsbawm - anch'egli nato, come Ungaretti, ad Alessandria d'Egitto – invita al catastrofismo: ci troveremmo al di là della fase cosiddetta della "frana", ovvero in «un disordine mondiale di natura poco chiara e senza che ci sia un meccanismo ovvio per tenerlo sotto controllo». Il saggio storico-politico su Destra e sinistra, corredato da vari testi, tra cui uno dell'immancabile Norberto Bobbio, chiede ai giovani italiani diciottenni e novellini del voto, un parere sulla militanza politica.

Richiesta sacrosanta, sebbene sia proprio di un certo tipo di cultura politica la responsabilità di essersi allontanata dai giovani e dalla scuola. La politica, infatti, è essenzialmente un fatto culturale: e dovrebbe cominciare sui banchi. Ma è il tema d'argomento generale, infine, quello probabilmente più apprezzato dal giovane popolo di Facebook. La traccia si ispira alla celebre frase di Andy Warhol: «Nel futuro ognuno sarà famoso per 15 minuti». Un detto profetico, se è vero che la celebrità dei vincitori del Grande Fratello e simili trasmissioni dura veramente i suoi metaforici 15 minuti. L'intento è di far riflettere sull'adagio vanitas vanitatum, ovvero sul retrogusto amaro del successo. Molti studenti saranno sinceri. Altri forse – speriamo di no – mentiranno, emettendo la loro dura condanna contro la celebrità effimera raccattata sui media. Ma, in cuor loro, forse sognano un'occasione in un reality in tv.

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