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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2011 alle ore 20:33.

Così sta partendo il cantiere della Tav, dopo gli scontri e i lacrimogeniCosì sta partendo il cantiere della Tav, dopo gli scontri e i lacrimogeni

CHIOMONTE (Torino) - Dopo le barricate, gli scontri e i lacrimogeni, utilizzati in grande abbondanza, nel tardo pomeriggio, sulla strada che conduce al presidio Clarea di Chiomonte, fra le coltivazioni a vite dell'Avana (o vino del ghiaccio), del movimento no Tav non restano che i segni della lotta.

Centinaia di carabinieri e forze di polizia da ore presidiano l'area, che è stata immediatamente recintata e dove sono si sta montando la base, che resterà operativa 24 ore su 24, a garanzia di chi lavora. Gli operai della Italcoge e della Martina (le due aziende valsusine, incaricate da Ltf di recintare e realizzare le opere di accesso al cantiere) lavorano a pieno ritmo per creare lo svincolo che, dall'autostrada del Frejus scenderà direttamente all'area di scavo del cunicolo esplorativo della Maddalena. Per realizzare la galleria serviranno 36 mesi.

Le barriere antirumore sono già state rimosse e le ruspe iniziano a sbancare e spianare la strada. L'A32, interrotta da questa mattina fra Avigliana ovest e Bardonecchia, proprio per permettere lo svolgimento delle opere, sarà riaperta forse già in nottata. Dopo giorni di attesa, allarmi ripetuti e smentite, la prima opera della Torino-Lione sul versante italiano sta, dunque, prendendo il via. Come aveva richiesto l'Unione europea, entro il 30 giugno: comunque in ritardo di mesi, rispetto al cronoprogramma iniziale.

L'accesso all'area di cantiere è blindato: sono pochi i giornalisti autorizzati a entrare, il via libera è solo ai contadini, che alla spicciolata, nel pomeriggio, hanno cercato di raggiungere le proprie vigne per verificare i danni subiti. «Il problema - raccontano due dipendenti della azienda agricola Clarea, quella che qui raggruppa la maggior parte dei coltivatori - sono i lacrimogeni. Sono stati utilizzati in grande abbondanza, proprio a fianco dei capannoni dove abbiamo le botti per l'invecchiamento del vino in barrique. Decine di litri, che ora rischiano di andare sprecati. Senza contare che, ora, al presidio non c'è acqua. Qualche mezzo deve aver danneggiato una tubazione».

Sull'asfalto, camminando verso la baita abusiva, simbolo del Movimento No Tav, sono evidenti i segni della lotta. Nelle palizzate divelte, barriere difensive organizzate con transenne, reti metalliche, carrelli, pietre e mezzi di fortuna, per impedire l'ingresso delle forze dell'ordine, che ora giacciono abbandonate ai lati della strada. Nell'asfalto, bruciato. Nei bossoli, copiosi, dei lacrimogeni, utilizzati dalla polizia in gran quantità: forse l'espediente che ha evitato la tragedia.

«Abbiamo immediatamente recintato l'area - racconta un carabiniere -. Ora stiamo allestendo la base. Resteremo qui a turni di sette ore. Per garantire la tranquillità di chi deve lavorare. Controlleremo tutti i punti sensibili». Qui dove fino a ieri l'atmosfera, in attesa degli scontri, era quella della festa di paese, ora è un fermento di organizzazione tra chi intende difendere il sito. Per terra, negli angoli, ciò che ancora resta del campo tendato organizzato dai No Tav, che per tre settimane hanno davvero gestito la Maddalena come una piccola repubblica indipendente.

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