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Questo articolo è stato pubblicato il 22 giugno 2011 alle ore 07:53.

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Il Governo prova a cambiare marcia sulle infrastrutture. Una fitta rete di incontri, seminari, studi hanno visto protagonisti in queste settimane fondazioni politiche, associazioni di imprese, dirigenti ministeriali, sotto la regia del viceministro alle Infrastrutture, Roberto Castelli, e con il pieno avallo dei ministri dell'Economia Tremonti e delle Infrastrutture Matteoli.

Subito due banchi di prova per questo lavoro che dovrebbe far ripartire la macchina infrastrutturale italiana: l'Alta velocità Torino-Lione, che deve essere sbloccata anzitutto con una robusta dieta sui costi e un nuovo piano finanziario condiviso con i francesi, e un decreto legge che, subito prima o subito dopo la pausa estiva, faciliti la partecipazione dei capitali privati al finanziamento delle infrastrutture.

Nel decreto legge finiranno anche misure più generali per il contenimento dei costi e per la certezza dei tempi, per la semplificazione dell'iter amministrativo, per una revisione dei programmi sulla base di più rigorose analisi costi-benefici. Il terzo stadio dell'operazione sarà una riforma della legge obiettivo, mentre associazioni di imprese come l'Ance chiedono di cambiare i meccanismi di realizzazione delle grandi opere con meno peso al general contractor e più spazio alle medie imprese. E al tempo stesso chiedono attenzione alle opere medio-piccole che renderebbero utilizzabili le reti infrastrutturali e vivibili le città.

Sulla Torino-Lione la partita è complessa ed è il primo banco di prova di questa nuova stagione che poi porterà a una riduzione di costi su tutte le grandi infrastrutture. I costi della Tav sono lievitati nel tempo fino a circa 10-11 miliardi per la parte italiana (nazionale e 67% di quella internazionale). Inevitabile ridurre questi costi per le casse dello Stato, se si vuole rendere realistica la realizzazione dell'infrastruttura. Su questa linea, anche Tremonti.

La revisione dei costi è cominciata con una revisione progettuale che ancora non è stata ufficializzata ma già informalmente portata nella commissione intergovernativa con i francesi. «Il termine che ci piace - ha detto Castelli nell'intervista al Sole 24 Ore di ieri - è opera frugale non perché rinunciamo a qualcosa ma perché non ha senso una galleria per 400 treni al giorno, se il mercato ne chiede solo 150». Il tunnel del Frejus può partire con una sola canna attrezzata,almeno fino al 2030. La linea storica da Torino a Susa può essere ammodernata senza raddoppio. «Abbatteremo i costi quasi del 50%», ha detto ancora Castelli.

Poi c'è l'altro aspetto della partita, la ridiscussione con i francesi della ripartizione dei costi sulla tratta internazionale. Con la «fasizzazione» (realizzazione in due fasi spostando oltre il 2030 ciò che non è strettamente necessario) e con l'alleggerimento complessivo dei costi, i francesi potrebbero anche prendere in considerazione il ritorno a una ripartizione 50-50 dei costi della tratta internazionale. L'unica condizione che pongono alla trattativa è che partano i cantieri alla Maddalena, fermati dalla resistenza dei no-Tav. La decisione del Governo sarà «collegiale», attesa forse già nelle prossime ore.

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