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Questo articolo è stato pubblicato il 01 luglio 2011 alle ore 15:02.

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Il Marocco al voto per dire sì o no alla Costituzione di Mohammed VI. Nella foto re Mohammed VI mentre lascia la cabina elettorale al termine del voto per il referendum sulla carta costituzionale (AFP Photo)Il Marocco al voto per dire sì o no alla Costituzione di Mohammed VI. Nella foto re Mohammed VI mentre lascia la cabina elettorale al termine del voto per il referendum sulla carta costituzionale (AFP Photo)

Un Referendum per dire sì o no al nuovo progetto di carta costituzionale, con il quale il re Mohammed VI ha inteso rispondere alle sfide del futuro del Marocco. Sfide che con le rivolte arabe hanno scosso il Nord Africa.
Quello del Marocco è stato un passo deciso e tempestivo. Una risposta che va nella linea riformista della manorchia di Rabat e che non si è fatta attendere appena si è affacciato sulla scena del dissenso il movimento del 20 febbraio. Dal primo discorso del 9 marzo, nel quale Mohammed VI prometteva una riforma globale a partire dalla costituzione, altri veloci passi ne sono seguiti.

Il referendum è stato annunciato la settimana scorsa con la presentazione, per voce del re, del nuovo progetto costituzionale, sul quale sono chiamati a pronunciarsi tutti i marocchini.

Tredici milioni gli elettori si stanno esprimendo in queste ore (da venerdi a domenica). Il quesito è semplice: sì o no alla nuova carta costituzionale presentata il 17 giugno. Si vota in Marocco ma non solo: perché sono 3,8 milioni invece i marocchini residenti all'estero che si possono esprimere, ovunque siano. E di questi circa 350mila sono in Italia.

E' anche questa una delle novità di questa consultazione: un riconoscimento della numerosa comunità marocchina residente all'estero, a cui la stessa costituzione dedica tre articoli. Quella comunità per la prima volta viene chiamata a partecipare e decidere davvero il futuro del proprio paese.

«E' un progetto che va al di la delle aspettative – dice il ministro della comunità marocchina all'estero Mohammed Ameur - ci sono tutte le basi per costruire un futuro che s'incammina in una vera democrazia e nella partecipazione attiva di tutta la società. Sta a noi ora disegnarlo e costruirlo insieme con le nostre forze, abbiamo tutti gli strumenti con questa costituzione. Sta a noi esserne all'altezza».

Per i 350 mila cittadini marocchini che hanno diritto al voto in Italia sono stati messi a disposizione 75 seggi tra consolati, circoscrizioni e sedi di associazioni. Sono stati organizzati incontri che hanno coinvolto le associazioni, sono state divulgate brochure nelle moschee, è stato istituito un numero verde ad hoc (800.637.775). In totale, per quanto riguarda l'estero, sono 520 i seggi per il voto, 149 solo in Francia.

Non mancano i maldipancia. Secondo alcuni, infatti, i tempi con cui si è arrivati alla consultazione sono troppo brevi. Un paradosso, in un'area dove in genere i dissidenti protestano per i cambiamenti troppo lenti. L'altra notte qualche corteo per le strade di Tangeri, Safi e nei quartieri popolari di Casablanca. Anche dall'Italia qualche gruppetto, che si rifà al movimento 20 febbraio e soprattutto al movimento islamista al Adl wal ihsan, ha fatto campagna contro su facebook. Ma sono minoranze. La trappola dove sono caduti questi movimenti è l'estremismo che porta solo al caos.

Tra i partiti politici marocchini prevale un ampio consenso per il sì. Per il no solo i piccoli partiti di sinistra, tra i quali il PSU, ma anche il sindacato CDT che ha invitato al boicottaggio, così come il movimento del 20 febbraio, e il partito islamista, al Adl wal Ihsan.

Ma il Marocco in questi anni ha voglia di stabilità. La crescita economica è continua. E il processo di democratizzazione va incontro alle esigenze di una società in cammino. Pur se bisogna sempre tenere presente che siamo sempre in un Paese dove l'analfabetismo tocca altissime vette, perciò la strada verso la democrazia piena è ancora lunga.

La Costituzione è certamente un passo importante. Mohammed VI ha aperto una nuova pagina, con un nuovo ordine di poteri non più esclusivi. Nuovi poteri vengono messi nelle mani del primo ministro, scelto dal partito che vince elezioni. Siamo sulla via di una monarchia parlamentare di tipo europeo.

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