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Questo articolo è stato pubblicato il 12 luglio 2011 alle ore 10:59.

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La città di Okuma, a pochi chilometri da FukushimaLa città di Okuma, a pochi chilometri da Fukushima

FUKUSHIMA - La marcia di avvicinamento del furgoncino è lenta. Tra i 500 e i 300 metri di distanza dal'ingresso della centrale nucleare di Fukushima Daiichi, il rilevatore sembra impazzire. Bip bip biiip biiiiip! Da 3 passa a 5, poi 7, 12, 15 su su fino a 29.70 microsievert, contro gli 0,08 (normalità) di Tokyo. Poi all'improvviso ridiscende sui 20 e anche più giù.

A 4 mesi esatti dallo tsunami che - oltre a provocare 15.547 vittime e a far scomparire nel nulla altre 5.344 persone tuttora disperse - ha investito l'impianto della Tepco, il livello di radioattività nell'aria – per non parlare del terreno - continua a giustificare ampiamente il provvedimento governativo che nel raggio di 20 chilometri vieta la permanenza di esseri umani. Si vedono solo alcuni pulman della Tepco e della Toshiba - guidati da un autista in tuta bianca con mascherone in stile trincea della prima guerra mondiale - che porta i tecnici (bardati in modo analogo) che cercano di riportare sotto controllo la situazione dei reattori: un lavoro dai molti intoppi che durerà ancora molti mesi, mentre l'intero processo di decommissionamento dell'impianto - ha ammesso nel weekend lo stesso premier Naoto Kan - potrà finire solo tra decenni.

Il tempo di fare qualche foto, poi meglio allontanarsi, con uno sguardo ironico al grande cartello blu con cui la Tepco ringrazia sentitamente per la visita alla centrale. Tutt'intorno, per 20 chilometri, è terra di nessuno, destinata probabilmente a restare tale per decenni. Per entrare occorre un permesso speciale, altrimenti si rischia una maxi-multa o anche l'arresto. Il sindaco di Minamisoma Katsunobu Sakurai - quello diventato famoso con un disperato messaggio online sulla drammatica situazione della cittadina, situata appena fuori della zona di evacuazione - l'ha accordato a due giornalisti e un fotografo stranieri, oltre a una scrittrice e due ambientalisti-animalisti giapponesi.

Qui la tragedia umana è quella dell'assenza, mentre per gli animali il dramma è ancora in divenire. Sono i cani l'unico segno di vita nella via principale di Okuma, località Ono, a pochi chilometri dalla centrale: un rettilineo che, sotto una calura a 35 gradi (che fa disidratare sotto la tuta integrale), sembra il set sospeso di un film dell'orrore, o almeno di un western stile mezzogiorno di fuoco prima del duello. Case che paiono abbandonate all'improvviso anni fa, molte con le porte semiaperte. Suppellettili finite ai bordi della strada. Negozi ancora con pacchi di dolciumi sul bancone. Mobili rovesciati, polvere dappertutto, auto parcheggiate male. Unico segno di vita, in mezzo alla strada, un cane immobile che intona un guaito lamentoso.

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