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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2011 alle ore 16:24.

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Giuseppe Pichetto Fratin (Imago)Giuseppe Pichetto Fratin (Imago)

Lo sprint impresso alla manovra ha evidentemente colto alla sprovvista anche lui. Visto che sulla sua home page campeggia ancora un comunicato stampa di qualche giorno fa in cui il senatore si dice onorato «per la grande responsabilità» mentre spiega la vecchia tabella di marcia che fissava per il prossimo 19 luglio il voto del Senato sul decreto. Ma tant'è. Perché Gilberto Pichetto Fratin, piemontese, classe 1954, è il condottiero della manovra che il governo proverà a portare a casa entro domani. Certo un bel riconoscimento per un novello visto che a Palazzo Madama il commercialista biellese è arrivato solo nel 2008.

Già relatore della finanziaria e del milleproroghe
Tre anni sono però bastati a dimostrare quanto vale. Così il capogruppo del Senato, Maurizio Gasparri, ha deciso di premiarlo e, prima ancora che, per la manovra lampo, lo ha voluto relatore della finanziaria, del milleproroghe e anche del decreto che ha fatto sparire l'Ici. Lui incassa gli elogi e gongola rivendicando il suo know how. «Nel corso di questi tre anni, considerate le mie competenze professionali e quelle amministrative maturate come assessore regionale al Bilancio (legatissimo all'ex governatore Enzo Ghigo, ndr), mi sono un po' specializzato sulle tematiche finanziarie». Il resto lo hanno fatto gli studi e l'esperienza: una laurea in economia all'Università di Torino nel 1978 e uno studio ben avvitato a Biella, dove peraltro Pichetto ha insegnato anche ragioneria in un istituto tecnico fino a poco tempo fa. Fino a quando cioè gli impegni al Senato non lo hanno completamente assorbito.

Uno stakanovista dell'Aula
Il relatore della manovra è infatti uno stakanovista dell'Aula. Nei suoi 3 anni 3 e 76 giorni di legislatura, racconta il sito Openpolis che fa le pulci all'attività dei parlamentari, Pichetto ha raggiunto le vette più alte per produttività (è al 15° posto) e per assiduità in aula: solo 22 assenze su 5208 votazioni. «Ci sono sempre, sono a Roma in media 4 giorni a settimana - spiega - perché sono capogruppo in commissione Bilancio e di lì passano quasi tutte le proposte di legge. Se non voto è perché sono appunto in commissione, oppure perché non ho premuto bene il pulsante». E votare ha votato e tanto il commercialista piemontese, con un tasso, va da sé, quasi assoluto di fedeltà al gruppo visto che soltanto in quattro occasioni, su 5104 passaggi parlamentari, Pichetto ha "tradito" il Cavaliere. Ma non sulle votazioni clou.

Dalla campagna di Gifflenga a Palazzo Madama
Perché, come dice più d'uno tra i suoi colleghi, non senza una punta di invidia, «Gilberto è una garanzia di affidabilità, è un uomo serio della provincia che è venuto a Roma dalla campagna a guadagnarsi lo stipendio sgobbando tra aula e Commissione». Insomma, un modello raro di dedizione alla causa, in un Parlamento in cui non si eccelle spesso per impegno. Ma Pichetto "sgobbone" lo era anche in consiglio regionale nel suo Piemonte e ancora prima da consigliere comunale a Biella. Qui, tra il 1985 e il 1994 è stato anche vicesindaco, dopo aver esordito nel 1975 a Gifflenga, piccolo comune del Piemontese di 140 anime. Dove da sempre vivono la moglie e i tre figli. Anche quando, nel 2003, il ministero dell'Interno decise di assegnargli una scorta perché il suo nome figurava accanto a quello di Marco Biagi in alcuni documenti delle Br. Lui, allora, era assessore Regionale al Lavoro. «La scorta e l'auto blindata come status symbol? Non scherziamo - raccontò in una intervista poco tempo fa -. È un'esperienza che non auguro a nessuno, nemmeno al mio peggior nemico».

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