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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2011 alle ore 09:05.

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I "Nove impegni per la crescita" che ha individuato il Sole 24 Ore, oltre a mettere sul tavolo del dialogo alcune proposte strategiche, hanno soprattutto il merito di farci riflettere su una questione fondamentale: come restituire la fiducia nel futuro in chi produce lavoro e ricchezza.

Le premesse non sono incoraggianti, il nostro è l'unico paese dell'area Ocse a non essere cresciuto negli ultimi dodici anni; la disoccupazione giovanile non accenna a placarsi e persino il successo dell'export sta subendo una fase di rallentamento. Ma dal clima di sfiducia si può uscire. Einstein diceva che «follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi», io aggiungo che follia è anche non fare nulla e aspettarsi che cambi qualcosa.

Intendo dire che da anni le piccole e medie imprese chiedono un disegno di politica industriale di ampio respiro che valorizzi il manifatturiero italiano, favorendo la creazione di nuovi posti di lavoro. La manovra finanziaria ha, da questo punto di vista, grossi ritardi. Ne cito solo due per brevità: 1) le scelte più dure sono state rinviate al 2013-2014; 2) ancora una volta si fa cassa con le tasse e non si incide minimamente sulla spesa pubblica.

Quello che doveva essere il Governo della "rivoluzione liberale, della semplificazione, del meno Stato-più mercato", è rimasto per ora solo un ottimo slogan. Oggi, interventi di politica economica finalizzati a garantire il mero galleggiamento del sistema non bastano più: serve una scossa vera, serve la famosa "fase 2", ma che sia davvero di rottura con i metodi del passato.

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