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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2011 alle ore 12:49.
Lo dice nel bel mezzo del suo intervento con tono accorato. «Il Pd è una sorta di bene pubblico, è un bene comune. Maneggiamolo con cura». Ed è forse questo il messaggio più importante che Pierluigi Bersani consegna ai suoi nel corso della direzione nazionale del partito. Niente fratture, quindi. Né sul dopo Berlusconi, tra chi, come il segretario, non esclude elezioni subito («è la strada maestra») e chi invece punta a un governo di decantazione. Con il numero due Enrico Letta che sfida il governo: «Bisogna aprire subito la crisi per arrivare a una soluzione entro agosto». E niente divisioni nemmeno su come superare il "Porcellum". «Il Pd ha una sua proposta di riforma elettorale - è l'appello del segretario -, uniamoci su questa e non dividiamoci sui referendum».
Sulla legge elettorale il segretario cerca la quadra comune
Così il numero uno democratico cerca una sintesi tra le diverse anime del partito con la proposta Violante-Bressa. Che prova ad archiviare, almeno per ora, il confronto tra i proporzionalisti (capeggiati da Stefano Passigli) e i maggioritaristi fautori di un ritorno al "Mattarellum" su cui Bersani scivola richiamando i due referendum. «Il primo - dice - è sostenuto da Passigli e altri. Il secondo è proposto anche da alcuni parlamentari e dirigenti del Pci». Che sono poi, su tutti, Walter Veltroni e l'ex ministro, Arturo Parisi. Ma tant'è.
Entro il 30 luglio la proposta Violante-Bressa alle Camere
Il testo elaborato dal tandem Violante-Bressa prevede un doppio turno con collegio uninominale e recupero proporzionale. Nel documento è poi richiamato espressamente il diritto di scelta dei cittadini (addio liste bloccate) ed è previsto il divieto di candidature doppie, mentre due distinte norme assicureranno la parità di genere. La proposta, anticipata un mese fa alla riunione del coordinamento, fissa poi, con la cosiddetta norma anti-Scilipoti, l'impossibilità per deputati e senatori, attraverso una modifica dei regolamenti parlamentari, di dare vita a nuovi gruppi parlamentari, ignoti agli elettori: oltre al gruppo misto si potranno costituire solo gruppi corrispondenti alle liste presentate alle elezioni. L'ordine del giorno, su cui il segretario ottiene un'ampia convergenza, impegna quindi il Pd a presentare entro il 30 luglio un testo alle Camere e a chiederne la calendarizzazione entro il 30 settembre.
Bersani: basta parlare, sui costi della politica bisogna fare
I democratici vogliono dunque accelerare su questo fronte. Come pure su quello dei costi della politica su cui ieri il partito ha presentato un consistente pacchetto di proposte (dal taglio delle retribuzioni all'allineamento delle pensioni dei parlamentari sui parametri Inps). «Basta parlare bisogna fare - arringa il segretario davanti ai suoi -. Sappiamo che senza sobrietà della politica, senza buona politica non si va da nessuna parte. Oltretutto abbiamo una destra che davanti all'ipotesi di una nostra vittoria alle prossime elezioni non esita a gettare fango nel ventilatore». Ed eccola qui l'altra paura del segretario, il timore che l'onda lunga della crisi e lo scollamento sempre più evidente tra i cittadini e il palazzo travolga anche i democratici.
L'appello: il Pd incarni il volto del cambiamento radicale
Bersani lo dice anche poco dopo senza troppi giri di parole. Riconosce che il Pd ha fatto bene «a far passare la manovra in una settimana invece che in tre. Altrimenti ci avrebbero dato la colpa della crisi». Ma poi avverte. «C'è un clima positivo intorno a noi ma se non riusciamo a interpretare un profilo di governo con il volto del cambiamento radicale rischiamo di finire anche noi in questo clima di indignazione e di sfiducia. Non ci faremo sorprendere, il paese è nei guai servono la forza e le idee del partito democratico». Non è questo, insomma, il momento di dividersi.
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