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Questo articolo è stato pubblicato il 22 luglio 2011 alle ore 06:43.

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L'orlo del burrone è stato ancora una volta il luogo della ragione ritrovata. In un vertice straordinario convocato dieci giorni dopo che la cancelliera Merkel aveva già rimandato tutti a settembre, i Paesi dell'euroarea hanno saputo mettere insieme una risposta più forte del previsto alla crisi che stava travolgendo la moneta unica. L'attacco all'Italia ha rappresentato la soglia del precipizio che ha spaventato e risvegliato l'Europa. In considerazione di ciò è difficile esprimere un commento sereno sul fatto che proprio il presidente Berlusconi si sia presentato a Bruxelles ieri in ritardo a vertice già iniziato. Nondimeno, la rapida risposta fiscale italiana e quella istituzionale europea hanno rappresentato, nel loro insieme e su piani diversi, il possibile punto di svolta della crisi per l'intera Europa.
Resta aperta una grossa incognita sulle conseguenze di un possibile ricorso a un "default lampo" per la Grecia. Ma a parte ciò, l'accordo di ieri affronta buona parte dei problemi che stavano affondando l'euro.
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Il nuovo piano di aiuti alla Grecia rinuncia agli elementi punitivi delle prime versioni e diventa più credibile. Inoltre l'Efsf, il fondo europeo di stabilità finanziaria, assume un ruolo nuovo che apre orizzonti comuni interessanti, attribuisce ai Governi gli interventi sui mercati finora a carico della Bce e può configurare l'istituzione di un fondo monetario europeo in grado d'intervenire su crisi di liquidità, come quelle che minacciano Italia e Spagna, prima che esse diventino incontrollabili e sfocino in crisi di solvibilità.
Si tratta di soluzioni che erano state discusse già tra il febbraio e il maggio 2010 e che erano state bocciate ancora a fine marzo di quest'anno. Adottate un anno fa avrebbero chiuso anticipatamente questa lunga e pericolosa odissea. Ora aiutano a superare la fase acuta. Ma per avere successo richiedono ancora una "manutenzione" continua sul debito della periferia e decisioni istituzionali non facili di cui ieri non si è parlato e attorno alle quali nei prossimi mesi potrà prendere corpo una nuova integrazione economica e politica europea.
Alla Grecia verranno forniti i fondi necessari a coprire il fabbisogno fino al 2014. L'ammontare totale dipende dal contributo dei creditori privati ancora da concordare. Sulla forma di questo contributo pesa la possibilità che faccia scattare un default selettivo del debito greco. Si pensa a un default di brevissima durata, ma gli effetti di contagio che ne potrebbero scaturire rappresentano comunque l'incognita più pesante lasciata aperta dall'accordo di ieri. La bozza del comunicato circolata si affanna infatti a sottolineare l'unicità del caso greco, per segnalare che nessun altro Paese deve incorrere in un default.

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