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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2011 alle ore 07:39.

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Ciampi: serve un'intesa nello spirito del '92-'93Ciampi: serve un'intesa nello spirito del '92-'93

Se lo sostiene un padre nobile della concertazione, c'è da credergli. «Osservo con soddisfazione - commenta Carlo Azeglio Ciampi - che nell'appello lanciato da diciassette associazioni rappresentative di tutte le parti sociali, si evoca lo spirito del '92-93. È un'iniziativa che condivido in pieno».

Il presidente emerito della Repubblica coglie in quell'appello tutti gli elementi di svolta che già aveva ampiamente sottolineato e apprezzato nell'accordo interconfederale del 28 giugno tra Confindustria e i sindacati. «Tra quell'intesa e l'appello lanciato due giorni fa colgo forti elementi di continuità. E come allora anche oggi formulo l'auspicio che si torni allo spirito di quegli anni, il 1992 e 1993, spirito di responsabilità e condivisione di grandi obiettivi». Ora – aggiunge – «ci vorrebbe un bis».

La lettura dei giornali, le lunghe passeggiate all'Alpe di Siusi, lontano dal frastuono delle polemiche politiche contingenti, inducono Ciampi a riflettere ad alta voce sui problemi di fondo che anche al di là di è chiamato pro tempore a fronteggiarli richiedono risposte di lunga durata. «Vede, insisto da tempo su un un punto, che mi pare fondamentale. Quando si pone l'attenzione sugli andamenti dell'economia e della finanza pubblica, non si considera a pieno che se non aumenta il denominatore anche lo sforzo per risanare i conti si fa molto più arduo. Non cresciamo da troppo tempo. Ecco l'imperativo categorico. Occorrono segnali, occorre una scossa. Il paese ha le energie per uscire da questa lunga fase di bassa crescita».

Può sembrare fuor di luogo, oggi, rievocare lo spirito del '93, ma Ciampi invita a riflettere per un attimo l'attenzione su quel che accadde in quegli anni. Nell'autunno del '92 siamo finiti a un passo dal precipizio. Ne siamo usciti perché ha prevalso in tutti, governo e parti sociali in primo luogo la percezione che occorreva uno sforzo congiunto. Come dire, tutti concentrati sullo stesso obiettivo. «La situazione oggi è radicalmente diversa da allora, eppure non posso non cogliere delle similitudini. L'ho vissuto in prima persona, da presidente del Consiglio, quello spirito di condivisione che condusse alla firma dell'accordo del luglio 1993. L'anno prima, il 31 luglio del 1992, con il governo Amato era stata raggiunta un'importante intesa sul costo del lavoro, con la sofferta firma di Bruno Trentin». Due passaggi che Ciampi non esita a definire dei veri «punti di svolta». Allora l'imperativo era contenere la dinamica salariale, e porre le premesse per il risanamento della finanza pubblica. I risultati furono evidenti, perché su quella base fu possibile costruire il percorso che avrebbe portato, sotto la regia di Ciampi ministro del Tesoro del governo Prodi, a ridurre in un solo anno il deficit di quattro punti, consentendo così di agganciare il treno della moneta unica.

«Nell'appello delle parti sociali – osserva il presidente emerito della Repubblica – si parla di discontinuità e responsabilità. Due concetti che condivido totalmente. È esattamente quel che serve per dare forza e sostanza al patto per la crescita, condizione essenziale per far uscire il paese dalla crisi».

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