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Questo articolo è stato pubblicato il 29 luglio 2011 alle ore 08:55.

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Tremonti: illeciti no, errori sì ma «ho lasciato la caserma perché mi sentivo spiato»Tremonti: illeciti no, errori sì ma «ho lasciato la caserma perché mi sentivo spiato»

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti risponde attraverso due giornali alle accuse sulla casa in cui viveva a Roma, per cui pagava un affitto non registrato al deputato del Pdl e suo ex consulente Marco Milanese, sotto inchiesta per l'accusa di aver elargito cariche e favori in cambio di denaro e vari beni di lusso.

Tremonti scrive una lettera al Corriere della Sera (rispondendo all'editoriale dell'ambasciatore Sergio Romano) e parla con Repubblica. «Ho commesso illeciti? Per quanto mi riguarda sicuramente no. Ho fatto errori? Sì certamente. In primo luogo se qualcosa posso rimproverarmi, vi è il fatto di non aver lasciato prima l'immobile. L'ho fatto in buona fede, ma sarebbe stato senza dubbio più opportuno, dato che proprio questo è ora causa di speculazioniche avrei potuto e dovuto evitare», scrive Tremonti al Corriere. Continua: «Come scusante, rispetto a quelli che Sergio Romano definisce un errore di giudizio od un peccato di distrazione posso portare l'impegno durissimo in questi anni non facili, su tanti fronti». Ma il ministro rigetta l'accusa più grave: «Nessun nero e nessuna irregolarità».

Ancora più esplicito il mea culpa nel colloquio con Repubblica: «Lo riconosco. Ho fatto una stupidata. E di questo mi rammarico e mi assumo tutte le responsabilità», dice il ministro. «In quella casa non ci sono andato per banale leggerezza - aggiunge il ministro - Il fatto è che prima ero in caserma ma non mi sentivo più tranquillo». Tremonti precisa che nel suo lavoro si sentiva «spiato, controllato, pedinato». Da qui la decisione di accettare la proposta di Milanese. Tremonti, però, respinge le accuse di evasione fiscale. «Chi parla di evasione fiscale - prosegue - è in malafede. Questa accusa non la posso accettare. Sono in grado di
dimostrare in modo tecnicamente indiscutibile l'assoluta regolarità del mio comportamento e del mio contributo alle spese di quell'affitto».

Inoltre, Tremonti nega di essere a conoscenza dell'inchiesta Enav e delle dichiarazioni dell'imprenditore Tommaso Di Lernia. «È una storia di cui non so nulla - precisa Tremonti - non conosco quell'imprenditore indagato, non so nulla del contesto nel quale ha raccontato quei fatti».
In sostanza, Tremonti motiva la scelta di andare a stare nella casa di Milanese per tre giorni alla settimana, i giorni in cui restava a Roma, perché «non me la sentivo di tornare in caserma - dice - per questo, ad un certo punto ho accettato l'offerta di Milanese. L'ospitalità di un amico, presso un' abitazione che non riportava direttamente al mio nome, mi era
sembrata la soluzione per me più sicura».

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