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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2011 alle ore 18:48.

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Mahmoud Jibril (Foto Epa)Mahmoud Jibril (Foto Epa)

Stretti tra una battaglia al fronte che non porta risultati e le faide interne, gli insorti libici hanno cercato ieri di dare un primo segnale di cambiamento con lo scioglimento del governo, deciso dal presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt), Mustafa Abdul Jalil.

L'annuncio è stato fatto a sorpresa ieri sera: solo Mahmoud Jibril, che ricopre la carica di primo ministro, mantiene il suo posto, con l'incarico di formare un nuovo esecutivo di 14 ministri. Secondo il Cnt, il governo ha il compito di amministrare i territori 'liberati' nell'est del Paese e agire come un governo ad interim, in attesa della presa di Tripoli e della caduta di Muammar Gheddafi. Secondo una fonte interna al movimento ribelle, la decisione è stata presa con il voto di una quarantina di membri del Cnt, l'organo politico che guida la ribellione.

Il dibattito è stato incentrato soprattutto su due questioni: lo scioglimento del governo e la sostituzione, o meno, di Jibril. Il premier è stato alla fine graziato, a patto che si faccia vedere più spesso a Bengasi, la capitale dei ribelli.

Premier e responsabile degli affari internazionali, Jibril trascorre infatti gran parte del suo tempo all'estero: ieri, al momento dell'annuncio, si trovava in Qatar. Di recente, molti ministri sono stati criticati per aver dedicato troppo tempo alle attività diplomatiche, invece di restare a Bengasi per lavorare sul campo.

Mazin Ramadan, un membro della commissione Finanza, ha dichiarato al New York Times che «l'interruzione» del lavoro dell'esecutivo «non è una buona notizia - in un momento in cui sono in corso negoziazioni con i governi occidentali per ottenere aiuti - ma è qualcosa di cui non dobbiamo preoccuparci. Questo non ci fermerà». Il rinnovo dell'esecutivo sembra rispondere alla necessità di dare spazio ad altri gruppi d'interesse all'interno del movimento rivoluzionario, secondo il New York Times.

In particolare, si vorrebbe dare più spazio ai leader che hanno aiutato il movimento a nascere e crescere, affiancando le personalità più importanti, tornate dall'esilio per ricoprire i ruoli più importanti. Con il tempo, infatti, sono cresciuti i malumori nei confronti di membri del governo per lo più sconosciuti alla gente e intenti, più che altro, a coltivare relazioni internazionali e viaggi all'estero, soprattutto in Qatar, lo Stato che più di ogni altro ha da subito sostenuto con entusiasmo gli insorti.

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