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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2011 alle ore 10:04.

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Nel dibattito interno alla maggioranza sulle misure e le modifiche da introdurre nel decreto correttivo approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 13 agosto e incardinato al Senato, da dove martedì inizierà il suo iter parlamentare, si allarga il fronte di quanti considerano necessario intervenire sulle pensioni.

L'Abc della manovra

L'esigenza di trovare risorse aggiuntive, e alternative alle misure contenute nella manovra su cui nel centro-destra e nello stesso Pdl ci sono divisioni e contrasti, è sottolineata da più parti. Ma su una stretta sulle pensioni di anzianità e sull'innalzamento dell'età pensionabile delle donne nel settore privato la Lega ha alzato le barricate e Umberto Bossi si è messo di traverso.

Silvio Berlusconi non è riuscito a convincere il senatur, ma ora, intenzionato ad accelerare, potrebbe utilizzare anche lo scontento di parte del Pdl, il gruppo capeggiato da Antonio Martino e Guido Crosetto che martedì prossimo incontrerà Angelino Alfano per sottoporgli le sue proposte, per fare pressione sullo stesso leader del Carroccio e su Giulio Tremonti. Ieri, come tradizione, Bossi e Tremonti si sono visti insieme a Roberto Calderoli a pranzo a Calalzo di Cadore per festeggiare i 64 anni del ministro dell'Economia. Nessuno, però, si azzarda a dire che si sarebbe parlato proprio di questo.

Di certo, come ha confermato un ministro, il pressing su Bossi «c'è ed è forte». E ieri, il leader del Carroccio, ha spostato il tiro su un aspetto della manovra che disturba non poco la Lega: «Il punto debole della manovra sono gli enti locali». Anche Roberto Maroni, il cui sostegno nella Lega arriva in gran parte dagli amministratori locali, è «interessatissimo» a trovare risorse alternative ai tagli agli enti locali. E Calderoli, pur precisando che i diritti acquisiti non si toccano, ha ammesso che un adeguamento delle pensioni delle donne nel privato è giusto, ma deve essere progressivo.

Ma come potrebbe tradursi una riapertura della trattativa sulle pensioni di anzianità? Gli scenari circolati prima del varo del decreto erano diversi. Quello minimale si fermava a un anticipo al 2012 (rispetto al 2013) di "quota 97", vale a dire la possibilità di pensionamento a 61 anni con 36 di contributi per i lavoratori dipendenti (62 + 36 per gli autonomi). Misura che produrrebbe circa 400 milioni di euro di risparmi nel 2013, l'anno del previsto pareggio di bialncio. Sempre al 2012, nell'ipotesi minimale, era previsto l'anticipo del meccanismo di aggancio del momento del pensionamento all'aspettativa di vita, altro micro-intervento che produrrebbe in fase di prima applicazione un posticipo di tre mesi per i nuovi pensionamenti con minimi risparmi aggiuntivi. L'altra ipotesi, più impegnativa, prevdeva invece il passaggio a "quota 100" entro il 2015, con l'innalzamento del requisito di età di un anno ogni anno a partire dal 2012. Per questa via si sarebbero di fatto bloccate tutte le pensioni di anzianità in maturazione nel quadriennio, con risparmi per 400 milioni nel 2013, un miliardo nel 2014 e 1,2 miliardi nel 2015; poi i risparmi si sarebbero stabilizzati a quota 2,6 miliardi l'anno dal 2016 al 2026. Infine l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne del settore privato a 65 anni: ora si parte nel 2016 per arrivare all'obiettivo nel 2028. Un anticipo produrrebbe risparmi variabili a seconda della gradualità scelta.

A favore di un intervento sulle pensioni di anzianità per accelerarne il superamento si sono espressi diversi esponenti del governo (in primis lo stesso Berlusconi, che poi ha ceduto al "no" di Bossi, e, in seguito Renato Brunetta e Crosetto). A spingere in questa direzione anche numerosi parlamentari della maggioranza, tra cui Mario Baldassarri e Giuliano Cazzola. Favorevoli a un intervento sulle anzianità sono anche Udc e Terzo Polo, mentre nella contromanovra del Pd non se ne parla affatto. Oltre all'opposizione della Lega, contro il taglio parziale o totale delle anzianità si sono sempre espressi sia Tremonti sia Maurizio Sacconi, anche se il titolare dell'Economia, primo, secondo fonti del Governo, ora starebbe valutando l'ipotesi.

LE IPOTESI ALLO STUDIO
Lo scenario minimale

Anticipo al 2012 (rispetto al 2013) di "quota 97", vale a dire la possibilità di pensionamento a 61 anni con 36 di contributi per i lavoratori dipendenti (62 + 36 per gli autonomi). Misura che produrrebbe circa 400 milioni di risparmi nel 2013, l'anno del previsto pareggio di bilancio. Sempre al 2012, nell'ipotesi minimale, è previsto l'anticipo del meccanismo di aggancio del momento del pensionamento all'aspettativa di vita, altro micro-intervento che produrrebbe in fase di prima applicazione un posticipo di tre mesi per i nuovi pensionamenti con minimi risparmi aggiuntivi

L'altra ipotesi
Più impegnativa, prevede il passaggio a "quota 100" entro il 2015, con l'innalzamento del requisito di età di un anno ogni anno a partire dal 2012. Per questa via si bloccherebbero di fatto tutte le pensioni di anzianità in maturazione nel quadriennio, con risparmi per 400 milioni nel 2013, un miliardo nel 2014 e 1,2 miliardi nel 2015; poi i risparmi si stabilizzerebbero a quota 2,6 miliardi l'anno dal 2016 al 2026. Infine l'innalzamento dell'età di vecchiaia delle donne del settore privato a 65 anni: ora si parte nel 2016 per arrivare all'obiettivo nel 2028. Un anticipo produrrebbe risparmi variabili a seconda della gradualità scelta.

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