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Questo articolo è stato pubblicato il 19 agosto 2011 alle ore 13:47.

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Silvio Berlusconi l'ha chiamata qualche giorno fa «disciplina di partito». Un modo chiaro per dire che, sulla manovra di ferragosto, ci sarà sì spazio per il confronto ma al voto non saranno ammesse variazioni rispetto al seminato. Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl, rinnova oggi il messaggio così. «Tutti possono portare avanti le loro posizioni, ma poi bisognerà fare i conti con il vincolo di maggioranza».

Con la manovra cambia la geografia del Pdl
Eppure se un risultato certo finora la manovra ha portato a casa è quello di aver consegnato l'immagine plastica di un Pdl sempre più balcanizzato e diviso. In barba ai pur buoni propositi formulati appena un mese fa dal neo segretario Angelino Alfano nel giorno della sua investitura. «Dobbiamo mettere fine all'anarchia istituendo un meccanismo di regole e sanzioni». Ma quella svolta tarda ad arrivare e la manovra ha fatto il resto ridisegnando la geografia di un partito nato attorno al carisma del premier. Racconta che l'ex guardasigilli, rifugiatosi nell'isola greca di Hydra per qualche giorno di relax con la famiglia, passi le giornate attaccato al telefono per tentare di porre un argine allo straripare di richieste e partitini, ma l'impresa è ardua perché tutti promettono battaglia in aula.

Il nuovo fronte di Crosetto&co
Lo dice senza troppi giri di parole il più agguerrito dei malpancisti pidiellini, il sottosegretario alla Difesa, Guido Crosetto, che va dritto al punto. «Le Camere correggeranno la manovra. Con la scure, non con il bisturi». C'è da scommettere che la "fronda" legata a lui e all'ex ministro Antonio Martino (un altro piuttosto netto: «se la manovra non cambia marceremo su Roma») non starà con le mani in mano. Venti teste fino a questo momento che non sono ancora una corrente strutturata dentro il partito, ma rivendicano ogni giorno che passa spazi. Tanto che lo stesso segretario del Pdl ha deciso di incontrarli la prossima settimana per ascoltare le loro controproposte.

Gli scajoliani affilano ancora gli artigli
Ma la mini-pattuglia di Crosetto&co non è l'unica a chiedere adunanza all'ex guardasigilli. C'è infatti un altro gruppo che continua a muoversi in stridente contrasto rispetto alla via maestra ed è quello dei parlamentari che fanno capo all'ex ministro Claudio Scajola. Uno che, per la verità, la voce è abituato ad alzarla ogniqualvolta ha intravisto storture nel partito e nel governo. Ebbene il potente ras ligure del Pdl non è rimasto certo a guardare nemmeno ora e ha incaricato i suoi di stendere un piccolo vademecum di correzioni al decreto . Che la prossima settimana arriverà sul tavolo di Alfano e del Cavaliere. Stesso copione dei primi, insomma, ma con una differenza non da poco: in Parlamento l'ex ministro conta buoni numeri (circa sessanta tra deputati e senatori) che la maggioranza non può permettersi di perdere per strada quando la manovra arriverà al rush finale.

L'asse tra Alemanno e Formigoni
Che è poi lo stesso discorso da fare verso altri scontenti. Quelli che hanno nel sindaco di Roma, Gianni Alemanno, e nel governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, i loro "frontman". Le perplessità dei due sulla manovra sono note: entrambi denunciano i sacrifici eccessivi chiesti al territorio. Anche nei mesi scorsi Alemanno (che conta venti parlamentari al seguito) e Formigoni si ritrovarono l'uno accanto all'altro nella richiesta di maggiore democrazia interna. Un fronte che si va consolidando e che può contare anche sulla sponda del governatore della Campania, Stefano Caldoro, e di molti parlamentari del Sud. Numericamente è il gruppo più consistente a via dell'Umiltà. Non una corrente vera e propria, ma un asse che marcia compatto su alcuni grandi temi.

Anche i singoli alzano la voce
Senza contare poi il lungo elenco di dissenzienti che si muovono senza un gruppo al seguito: dall'ex presidente del Senato, Marcello Pera, a Osvaldo Napoli, - che è un berlusconiano doc ma in qualità di presidente dell'Anci (i Comuni) ha sollecitato riforme strutturali e meno tagli alle risorse del territorio - fino a Stefania Prestigiacomo che ha protestato con veemenza contro la cancellazione della tracciabilità dei rifiuti. La combattiva ministra siciliana fa parte della corrente di "Liberamente" cui sono riconducibili anche Frattini, Carfagna e Gelmini. Che finora sulla manovra non hanno aperto bocca.

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