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Questo articolo è stato pubblicato il 27 agosto 2011 alle ore 09:18.

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JACKSON HOLE - Tutto come da copione: nessun annuncio di un Qe3, un nuovo quantitative easing, o di altre misure di stimolo già pianificate, ma un lungo excursus sullo stato dell'economia americana, con previsioni di lungo periodo. Ben Bernanke, nall'annuale meeting di banchieri centrali ed economisti a Jackson Hole, nel Wyoming, non ha tuttavia escluso nuovi interventi per spingere la ripresa, esattamente come aveva fatto nella riunione del Fomc (Federal open market committee) del 9 agosto, quando aveva annunciato l'orientamento a lasciare i tassi vicino allo zero per altri due anni.

«La Federal Reserve ha una serie di strumenti cui potrebbe ricorrere per fornire ulteriore stimolo monetario. Abbiamo discusso dei benefici e dei costi di questi strumenti nel nostro incontro di agosto e continueremo a farlo nel meeting di settembre, che durerà due giorni (il 20 e il 21, ndr) anziché uno, proprio per permettere una più completa valutazione e favorire la ripresa in un contesto di stabilità dei prezzi».

Tutto rimandato di un mese, dunque, anche alla luce dei contrasti emersi nell'ultimo incontro del Fomc, quando tre esponenti del comitato votarono contro la decisione sui tassi. Nel discorso intitolato "The near - and longer - term prospects for the Us economy", Bernanke ha comunque usato esplicite parole di ottimismo sul lungo periodo: è vero, la crescita ora continua a essere «modesta», nella prIma parte dell'anno è stata più lenta di quanto si potesse prevedere (proprio ieri il Pil del secondo trimestre è stato rivisto al ribasso all'1% dall'1,3, dopo la già pesante revisione allo 0,4% dei primi tre mesi dell'anno), ma ci si aspetta un andamento diverso, più veloce nella seconda metà del 2011. Non solo: in una prospettiva più ampia, «la mia visione è più ottimista. Nonostante ci siano certamente grossi problemi, i fondamentali degli Stati Uniti non sembrano essere stati intaccati in modo permanente dagli shock degli ultimi quattro anni. Ci può volere del tempo, ma possiamo ragionevolmente aspettarci di vedere tassi di crescita e livelli di occupazione consistenti».

Nel suo discorso, Bernanke ha fatto una fotografia dello stato dell'economia americana, sottolineando che il sistema bancario in generale è molto più solido, la produzione manifatturiera è aumentata del 15% grazie al balzo nelle esportazioni, le performance di alcune industrie sono state straordinarie, le famiglie, a loro volta, hanno fatto progressi nel controllare i loro bilanci, risparmiando di più. Nonostante questo, il superamento della crisi - anche per fattori contingenti come l'effetto del rialzo dei prezzi delle commodity e del terremoto in Giappone - è stato molto più lento del previsto e soprattutto non si è tradotto in posti di lavoro, con un tasso di disoccupazione intorno al 9 per cento. «La nostra economia - ha osservato Bernanke - sta soffrendo oggi di un livello straordinariamente elevato di disoccupazione di lunga durata, con quasi la metà dei disoccupati che sono senza lavoro per più di sei mesi. In queste circostanze fuori dall'ordinario, misure che possano promuovere una ripresa anche a breve sono importanti quanto quelle che abbiano obiettivi di lungo termine».

Il presidente della Fed ha chiuso il suo intervento soffermandosi sulla politica fiscale: per raggiungere la stabilità economica e finanziaria, «deve seguire un percorso sostenibile che assicuri che il debito rispetto al reddito nazionale sia almeno stabile o, preferibilmente, in calo nel corso del tempo. Senza cambiamenti politici significativi, le finanze del Governo federale creeranno inevitabilmente una spirale fuori controllo, con gravi rischi di danni economici e finanziari». A questo proposito, Bernanke non ha risparmiato, pur tra le righe, un attacco al Congresso e allo spettacolo offerto sul debito, con un accordo raggiunto dopo mesi di estenuanti negoziati, che ha avuto un impatto sui mercati e, probabilmente, anche sull'economia.

eliana.dicaro@ilsole24ore.com

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