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Questo articolo è stato pubblicato il 29 agosto 2011 alle ore 15:59.

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Si riparte dall'Eden Park di Auckland, dove tutto cominciò 24 anni fa, in un pomeriggio di sole e di vento. I primi Mondiali di rugby si aprirono - in versione "artigianale" e dilettantistica – il 22 maggio 1987 con un confronto tra Nuova Zelanda e Italia: finì 70-6 per i padroni di casa, lanciati verso il loro primo (e finora unico) successo nella competizione.

Arrivata alla settima edizione, la Rugby World Cup torna nella terra degli All Blacks e nel frattempo quello che era un affare per pochi è diventato un business sportivo di tutto rispetto, la terza manifestazione sportiva più importante dopo Olimpiadi e Mondiali di calcio.
Il 9 settembre, all'Eden Park rimodernato e portato a una capienza di 60mila posti, Nuova Zelanda-Tonga darà il via a un torneo che durerà un mese e mezzo, fino al 23 ottobre.

Venti squadre partecipanti, 2mila accrediti per i media, 12 impianti coinvolti (con lavori di costruzione o adeguamento per 555 milioni di dollari neozelandesi, equivalenti a circa 320 milioni di euro). Ma lo slogan punta a coinvolgere tutto il Paese, a farne «uno stadio da quattro milioni di persone». Mentre sui quattro miliardi è valutata la potenziale audience televisiva, con oltre 200 nazioni collegate.
I conti
Nel 2007, in Francia, gli spettatori sugli spalti furono 2,25 milioni, i visitatori stranieri 350mila, il saldo attivo per l'Irb (International rugby board, la Fifa dell'ovale) arrivò a 122,4 milioni di sterline, la federazione francese totalizzò utili per 34 milioni di euro.
Performance impossibili da ripetere in una nazione "lontana" – anche per il fuso orario, che impone dirette nelle ore mattutine europee – e poco popolata, con stadi più piccoli. Si punta a un obiettivo di 1,35 milioni di biglietti venduti per un totale di circa 155 milioni di euro, mentre Rnz 2011 (il comitato organizzatore formato da Governo e federazione rugbystica neozelandese, che ottiene tutti i guadagni dal solo "ticketing") ha sostenuto costi per oltre 175 milioni.

Quanto all'Irb, tiene per sé i proventi da diritti televisivi: l'esclusiva per l'Italia è di Sky, che trasmetterà, anche in Hd, tutti i 48 incontri su un canale dedicato. E poi ci sono partner, sponsor e fornitori (tra cui Heineken, MasterCard, Société Generale, Emirates, Dhl, Land Rover, Microsoft, Toshiba, Blackberry, Coca Cola), il merchandising, i pacchetti "hospitality", i 55 milioni di sterline sborsati dalla nazione ospitante per aggiudicarsi l'evento. Ma l'exploit francese resta lontano: la stessa federazione internazionale pensa a un surplus di circa 92 milioni di sterline, il 25% in meno rispetto a quattro anni fa. E conta di ottenere ben altri risultati in Inghilterra, nel 2015, e in Giappone, nel 2019.

Sul fronte interno si attendono 95mila stranieri (compreso almeno un migliaio di italiani): un recente studio della Reserve Bank of New Zealand ha previsto che questi supporter spendano oltre 400 milioni di euro, il che equivarrebbe a un +1,4 per cento sul Pil trimestrale del periodo. Altre cifre si rincorrono. Tutti, però, sembrano d'accordo con Martin Snedden, ex campione di cricket e Ceo di Rnz 2011, quando dice che la Coppa del mondo è «una piattaforma senza confronti per mettere in mostra la Nuova Zelanda sul palcoscenico internazionale». Iniziative collaterali sono previste per far conoscere quanto di meglio ha da offrire il Paese. Si cerca di sfruttare al massimo quella che il ministro degli esteri, Murray McCully, ha descritto come «l'opportunità di una vita» per attrarre investimenti e aumentare l'export.
Sul campo
Intanto, l'attesa è già altissima e ci si concentra su quello che accadrà in campo. Gli All Blacks neozelandesi sono i rugbysti di gran lunga più famosi, e anche un'icona sportiva a livello internazionale. Soprattutto grazie a loro, dal solo super-sponsor Adidas – secondo valutazioni ufficiose – la federazione locale riceve almeno 12 milioni di euro all'anno. Partono sempre favoriti nel Mondiale e, dal 1991 in poi, ne escono sconfitti. Ma stavolta si gioca in casa, nello stadio da quattro milioni di persone.

Gli avversari temibili non mancano: l'Australia, il Sudafrica campione uscente, l'Inghilterra, che ha vinto l'ultimo Sei Nazioni, la Francia. Però c'è da scongiurare un dramma nazionale, da evitare un'onta che – per come il rugby è vissuto in Nuova Zelanda – avrebbe ripercussioni negative anche oltre l'ambito sportivo.
Pure l'Italia, d'altronde, ha il suo tabù. Ha sempre partecipato alla Coppa del Mondo e non ha mai passato il primo turno. Inserita in un girone da cinque squadre, è nettamente sfavorita con l'Australia nella partita d'esordio, l'11 settembre ad Auckland, ha il pronostico dalla sua con Russia e Usa (il 20 e il 27 a Nelson, città che ha "adottato" gli azzurri) e, probabilmente, si giocherà l'accesso ai quarti nella difficile sfida con l'Irlanda, a Dunedin, il 2 ottobre. Solo lo sponsor tecnico – che per gli azzurri è Kappa, sulla base di un accordo da oltre un milione di euro all'anno – potrà comparire sulla maglia. Vietati, ai Mondiali, tutti gli altri loghi: anche Cariparma, main sponsor da poco confermato per più di 2,5 milioni annui, dovrà restare in panchina.

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