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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2011 alle ore 06:41.

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NEW YORK - America e Russia unite dal petrolio. Il colosso statunitense ExxonMobil e la compagnia nazionale di Mosca Rosneft hanno siglato a Sochi un accordo per una parnership strategica e investimenti per centinaia di miliardi di dollari. Obiettivo: esplorare i giacimenti dell'Artico nell'area russa, per Exxon; avere accesso al Texas e al Golfo del Messico, oltre che alle avanzate tecnologie americane, per Rosneft. Si parte da 3,2 miliardi destinati all'esplorazione di Kara, la parte di mare tra la costa Nord della Russia europea e le isole di Novaya Zemyla (l'area offshore più promettente) ma si stimano cifre di tutt'altro tenore, fino a 500 miliardi di dollari calcolando i costi per la costruzione delle infrastrutture e quelli legati alle tecnologie da mettere in campo.

Un'intesa dunque molto importante, anche da un punto di vista geopolitico, che costituisce un grave smacco per British Petrouleum, il cui patto con i russi per l'esplorazione dell'Artico fu annullato in primavera da una corte arbitrale di Stoccolma, dopo i problemi sorti proprio a causa dei russi di Tnk in joint-venutre con Bp.

«L'intesa di oggi non potrà che essere accolta positivamente dai mercati energetici internazionali, perché si aprono nuovi orizzonti», ha detto ieri il premier russo Vladimir Putin, accanto al suo braccio destro sul fronte del petrolio e del gas Igor Sechin, e ai presidenti delle due major, il padrone di casa Eduard Khudainatov e l'ospite Neil Duffin. «Exxon - ha continuato il capo del Governo russo - è una delle principali compagnie petrolifere del mondo, tenendo conto anche di operazioni ambiziose come quelle nell'Artico. Inizierà presto a lavorare sui fondali russi» con trivellazioni marine a grandi profondità.

Duffin, a sua volta, ha espresso grande soddisfazione, anche perché ExxonMobil ha avuto la meglio su concorrenti agguerrite come Chevron e Royal Dutch Shell: «Questa partnership su ampia scala rappresenta un passo strategico significativo per entrambe le compagnie e porta le nostre relazioni su un nuovo livello». Duffin ha annunciato un progamma di scambi di staff e management che «aiuterà a rafforzare i rapporti e a svilupparre percorsi di carriera per i dipendenti di entrambi i gruppi».

I termini dell'intesa e i tempi delle operazioni non si conoscono in dettaglio. Nella joint-venture, Rosneft detiene il 66,7% ed Exxon il restante 33,3 per cento. Stando a quanto scrive l'agenzia russa Ria Novosti, sembra non sia previsto un equity swap (contrariamente all'intesa inizialmente raggiunta da Mosca con Bp), per quanto Sechin non abbia escluso che in futuro si possa procedere in quella direzione. Sarà costruito un Arctic research and design center per lo sviluppo offshore a San Pietroburgo, dove lavoreranno assieme membri delle due società: costerà 450 milioni di dollari. Le prime esplorazioni, quelle condotte a Kara e anche nel Mar Nero, coinvolgeranno tre blocchi offshore e dovrebbero essere avviate nel 2015, mentre della presenza di Rosneft in Texas e nel Golfo del Messico non si sa nulla di preciso.

In ogni caso, l'accordo è una vittoria per Mosca, che ha bisogno dell'expertise di un gigante come ExxonMobile (con il quale peraltro ci sono dei precedenti, legati al giacimento di Sakhalin-1) per sviluppare i campi petroliferi a casa propria: la Russia, il più grande produttore di petrolio al mondo, sta cercando di aumentare ulteriormente la produzione, che si attesta intorno ai 10 milioni di barili al giorno. È un successo anche per la più maggiore compagnia petrolifera degli Stati Uniti in un momento in cui le concorrenti occidentali hanno difficoltà ad agire in altri territori, per ragioni politiche (in alcune zone del Medio Oriente e in Africa del Nord, e con il riavvio dei pozzi iracheni che richiederà del tempo). L'Artico, alla fine, è diventato la nuova frontiera per chi è a caccia dell'oro nero.

L'accordo di ieri è il più importante da quando il presidente americano Barack Obama si è attivato per migliorare le relazioni con la Russia. E dimostra anche quanto il settore energetico sia sempre più determinante, a livello globale. Basti pensare alla trimestrale record realiazzata dal colosso del gas Gazprom, la locomotiva dell'economia russa trainata quest'anno dalla ripresa della domanda e dall'aumento del prezzo del metano, in Europa e nella stessa Russia: +44% l'utile netto, pari a 11,2 miliardi di euro, e balzo del 38% per il giro d'affari, per un totale di 31,5 miliardi di euro. I risultati, superiori alle aspettative degli analisti, preannunciano una nuova annata positiva dopo quella del 2010, quando l'utile netto aveva raggiunto i 23,8 miliardi di euro, facendo dimenticare le cattive performance dovute alla crisi internazionale e al crollo della domanda di gas. Già lo scorso giugno l'amministratore delegato di Gazprom, Alexei Miller, durante l'assemblea generale, aveva dichiarato che la crisi era definitivamente alle spalle. Non solo: si sono già sentite le ricadute sul mercato energetico della catastrofe nucleare di Fukushima, in Giappone. Molti Paesi hanno deciso di rivedere i loro programmi nucleari, a partire dalla Germania. Il primo cliente di Gazprom.
eliana.dicaro@ilsole24ore.com
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