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Questo articolo è stato pubblicato il 15 settembre 2011 alle ore 17:33.

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Il tentativo di accelerare sulle intercettazioni per bloccare l'arrivo sui giornali di nuove e, a detta di molti, compromettenti telefonate del presidente del Consiglio è naufragato sul nascere. Perché l'idea di un decreto d'urgenza - da far approvare in fretta e furia al Consiglio dei ministri convocato ieri sera dopo il via libera alla manovra bis - è stata respinta dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Al quale Silvio Berlusconi aveva accennato della possibilità di un nuovo intervento nel corso dell'incontro di ieri al Quirinale. Obiettivo: sondare la disponibilità del Colle e ricevere così una scontata risposta negativa. Ma intanto alla Camera rispunta il Ddl sugli ascolti, impantanato da un anno in commissione Giustizia e che è stato calendarizzato per fine settembre.

Lo sfogo del premier: italiani vogliono legge che assicuri privacy
L'idea di un decreto d'urgenza è dunque tornata repentinamente nel cassetto, complici anche le perplessità espresse dal ministro della Giustizia, Francesco Nitto Palma («per fare un Dl non c'è urgenza») e da alcuni degli uomini più fidati del premier, in testa il sottosegretario Letta che ha ventilato i rischi connessi a un nuovo scontro con il Colle. Così il tentato blitz non è andato in porto, ma Berlusconi non si dà pace e anche ieri è tornato a ripetere ai suoi che «la prima legge che vogliono gli italiani è proprio quella che garantisce la privacy delle conversazioni».

Alemanno: attacco concentrico contro Berlusconi
In suo soccorso è poi arrivato da questa mattina il sindaco di Roma Gianni Alemanno. «È difficile, per chiunque abbia un minimo di obiettività, non vedere in tutte le dinamiche degli atti istruttori una persecuzione contro Berlusconi - ha detto Alemanno, intervenendo a Omnibus. «Non si può non rendersi conto - ha aggiunto il sindaco - che c'è un attacco concentrico nei confronti di Berlusconi, ed è evidente» che si tratta di «un attacco politico e anche personale. Non credo si possano trovare esempi simili in Europa».

Rutelli: si deve modificare la norma
Una nuova legge sulle intercettazioni che impedisca la pubblicazione di pettegolezzi è stata chiesta dal leader dell'Api, Francesco Rutelli. «Distinguerei quello che si legge nelle intercettazioni - ha spiegato Rutelli - anche perché Berlusconi quelle cose le dice in pubblico. È però evidente che si deve modificare le norma perché non si pubblichino pettegolezzi che non hanno attinenza con le indagini». Secondo Rutelli «la legge non si è fatta e secondo me è un limite di questa maggioranza».

Cicchitto: un decreto? Non mi risulta. Ma il Ddl sugli ascolti rispunta alla Camera
Del resto c'è un Ddl che aspetta di essere discusso e approvato, ma che da qualche mese è finito in freezer. Con il ritorno alla carica dei magistrati su più fronti (dal caso Tarantini a quello Unipol-Bnl) il provvedimento è tornato di prepotente attualità per il premier ed è stato calendarizzato alla Camera per fine settembre. La conferma è arrivata oggi dal capogruppo del Pdl a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto. «Era lì lì per essere approvato il 29 luglio di un anno fa. È normale che l'abbiamo ricalendarizzato per fine mese». Cicchitto ha quindi negato il tentativo di accelerazione sugli ascolti. «Un decreto? Non mi risulta», taglia corto. Ma, secondo il capogruppo del Pdl alla Camera, «il nodo non è decreto o non decreto, è una questione laterale. Il nodo è la vita politica italiana inquinata: una volta al mese ci sono intercettazioni che escono dalle Procure e avvelenano i pozzi».

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