Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2011 alle ore 15:35.

Avviso ai naviganti di Umberto Bossi. «Il governo per adesso va
avanti, poi vediamo. Il 2013? Mi sembra troppo lontano». Il Senatur torna a sparigliare le carte mentre infuria il nuovo ciclone giudiziario che ha travolto Silvio Berlusconi. Così, dalle pendici del Monviso dove è arrivato per la consueta cerimonia dell'ampolla, Bossi incorona il figlio Renzo per la successione. «Io verrò qui tutti gli anni e dopo di me verrà mio figlio che oggi ho portato qui». Ma soprattutto tiene la maggioranza sulla graticola e si lascia andare a una battuta sulla guerra del Cavaliere contro la procura di Napoli che vorrebbe ascoltarlo sul caso Tarantini. «Non va dai pm? Beato lui, risparmierà tempo se ci riesce». Poi tira un sospiro di sollievo, visibilmente affaticato, e aggiunge con un filo di voce. «A lui piacciono le donne». I pm però insistono, gli stanno alle calcagna, suggerisce qualche cronista. E Bossi risponde prontamente. «Le intercettazioni ci sono».
Bossi: l'Italia va a picco, bisogna preparare l'alternativa della Padania
Insomma, il leader della Lega non sembra stupito dei nuovi sviluppi giudiziari che investono il Cavaliere. Ora il Senatur ha altro per la testa, deve riconquistare il suo elettorato deluso. E, per farlo, il leader della Lega rispolvera il più classico dei leit motiv del repertorio del Carroccio. «L'Italia va giù ma noi non precipitiamo perchè abbiamo la Padania. Il Nord non muore», dice nel corso di un comizio a Paesana. Parole che riprendono il refrain offerto ai cronisti poco prima al suo arrivo sul Monviso. «Che l'Italia va a picco l'hanno capito tutti, perciò bisogna preparare qualcosa di alternativo: la Padania. Abbiamo visto quel che è accaduto al giro della Padania ma certi passi vanno fatti in favore della storia, quando la storia lo permette, altrimenti c'è il caos e si crea una guerra inaccettabile. Sapevamo che sarebbe finita male».
La protesta dei sindaci contro la manovra
La gente attorno a lui grida «secessione, secessione», ma c'è un fotogramma che più di tutti disegna la fine dell'idillio tra Bossi e la sua gente. Succede tutto quando il Senatur giunge in auto per prendere parte al rito dell'ampolla. Ad accoglierlo ci sono un centinaio di sindaci piemontesi che protestano contro la manovra e che indossano le fasce tricolori. Il segno più efficace di una frattura ormai consumata e che spiazza il leader della Lega. Lui risponde con il segno delle corna e qualcuno capta anche un «corn...» lanciato all'indirizzo dei contestatori. Salvo poi promettere «che troveremo un sistema per aiutare i Comuni».
La difesa delle pensioni: la sinistra vuole toccarle ma la Lega dice no
Piccoli grandi segnali, insomma, di una crisi profonda che il numero uno del Carroccio tenta di risolvere agitando nuovamente il vessillo autonomista e rispolverando alcuni dei cavalli di battaglia dell'impegno leghista nei palazzi romani. L'asso nella manica è la difesa delle pensioni. «È un mondo alla rovescia - attacca -. C'è la sinistra che le vuole toccare ma la Lega dice no. Non si toccano le pensioni dei lavoratori». Certo, sottolinea ancora il Senatur, «ce l'aveva chiesto l'Europa ma era una cosa ingiusta e per questo ci siamo opposti». Sventola, invece, il numero uno della Lega, i contratti territoriali. Dice senza troppi giri di parole «che il federalismo e il contratto territoriale sono passaggi fondamentali che negli anni a venire spingeranno verso il cambiamento».
La sponda al premier: basta intercettare la gente
Poi il capitolo intercettazioni su cui il Senatur si era soffermato anche arrivando sul Monviso con un tono molto netto, lui che non si è mai davvero appassionato alla guerra di Berlusconi contro i magistrati. Ma in ballo questa volta non c'è solo il destino del presidente del Consiglio, a tremare è l'intera maggioranza per ciò che potrebbe ancora affiorare dalla montagna di intercettazioni che riguardano il Cavaliere. Ecco allora il Bossi-pensiero a favore dell'amico Silvio. «Bisogna finirla di intercettare la gente». La sponda, però, finisce qui. Il Senatur non ha infatti voglia di parlare dell'accelerazione che il Pdl vorrebbe imprimere per arrivare a un decreto sugli ascolti. «Non so niente, il presidente della Repubblica non lo vuole», taglia corto il numero uno del Carroccio.
Il Senatur incorona il figlio Renzo: meno male che c'è
E, prima dell'incoronazione ufficiale a Paesana, il Senatur aveva già elogiato il figlio Renzo proprio mentre nel Carroccio prosegue lo scontro tra il cerchio magico - i fedelissimi di Bossi - e gli uomini di Roberto Maroni, da sempre insofferenti verso il trattamento di favore riservato al figlio da Bossi. «Meno male che Renzo è stato con i nervi saldi», aggiunge il leader del Carroccio, spiegando che il figlio lo ha invitato alla cautela, in merito alle polemiche sul giro della Padania. «Io sarei intervenuto - prosegue Bossi - ma mio figlio Renzo è più cauto». Un riconoscimento che arriva nel bel mezzo della tempesta mediatica diretta contro la moglie del Senatur, Manuela Marrone, al centro di un articolo al vetriolo pubblicato da Panorama e che ha fatto andare su tutte le furie i vertici del Carroccio. Una vicenda su cui torna lo stesso Bossi dal Monviso. «Mia moglie non mi fa uscire di casa, figurati, sono degli stronzi, è un danneggiamento alla mia famiglia».
©RIPRODUZIONE RISERVATA