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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2011 alle ore 17:02.

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La penetrazione britannica è facilitata dalla forte presenza prebellica di Londra che in Libia aveva presenti 150 aziende incluse British Petroleum, Shell e il grande gruppo di ingegneria Weir Group con un export che nel 2009 si avvicinava al mezzo miliardi di euro. Il 26 settembre a Londra si terrà una grande conferenza organizzata dal Libyan British Business Council (Lbbc) focalizzata sulle opportunità per le imprese britanniche. Punto di forza dei britannici, oltre all'ingente impegno militare, è la consistente presenza a Londra di molti esponenti dell'opposizione a Gheddafi in esilio, membri della diaspora che potrebbero rivelarsi molto influenti nella nuova Libia. Inoltre in Gran Bretagna sono congelati 12 miliardi di sterline (circa 13,5 miliardi di euro) di beni del vecchio regime da sbloccare.

A inizio settembre la Medef (la Confindustria francese) ha riunito a Parigi 400 imprenditori per valutare le opportunità in Libia per il sistema industriale d'Oltralpe. Al'incontro, organizzato dalla Camera di commercio franco-libica, hanno partecipato i direttori di gruppi come Alcatel-Lucent, Alstom, Peugeot, Total, Bouygues e Vinci e anche numerose piccole e medie imprese. Prima della guerra, la Francia era il sesto fornitore del Paese nordafricano e il secondo cliente dopo l'Italia e in Libia erano presenti 44 filiali di imprese francesi. Presto, ha annunciato il segretario di Stato francese al Commercio estero Pierre Lellouche, una delegazione di imprese si recherà in Libia. Dopo l'Italia (33,7 per cento), la Francia è il secondo acquirente del petrolio libico con una quota pari al 16,7 percento ma Parigi punterebbe a ottenere un ruolo maggiore come riferì a inizio settembre il quotidiano Liberation pubblicando una lettera nella quale il Cnt informava il governo del Qatar di aver firmato in aprile un accordo con Parigi per attribuire alle compagnie francesi diritti d'estrazione per il 35 per cento del petrolio libico. La notizia è stata smentita dal Cnt e dal governo francese e ritenuta inattendibile anche dall'Eni, che ha una quota di mercato del 14 per cento (244 mila barili al giorno) contro il 2 per cento della Total (55 mila barili).

Entro ottobre dovrebbe riprendere la produzione negli impianti gestiti dall'Eni e la fornitura di gas attraverso il gasdotto Greenstrem mentre da agosto la società italiana fornisce ai libici carburante per far fronte alle necessità più urgenti. Forniture da compensare con greggio non appena la produzione verrò riattivata.

La società petrolifera libica Agoco, con sede a Bengasi, ha iniziato a estrarre petrolio dal pozzo di Sarir, nell'est della Cirenaica rimasto estraneo ai combattimenti e secondo l'ente petrolifero di stato National Oil Company (Noc) il porto di Tobruk sarà in grado di esportare greggio entro fine settembre.

Previste per i prossimi anni anche importanti forniture militari necessarie ad addestrare ed equipaggiare le forze armate libiche. La gran parte dei mezzi in servizio con le truppe di Gheddafi erano obsoleti e sono stati distrutti dai raids della Nato. Da ricostruire l'intera aeronautica e i sistemi missilistici e radar di difesa aerea, la marina militare è stata cancellata e l'esercito non potrà continuare a operare a lungo con i vecchi carri e blindati di origine sovietica sopravvissuti alla guerra e ormai privi di ricambi. Presto potrebbero aprirsi commesse per qualche decina di miliardi di euro per blindati, carri armati, artiglieria, elicotteri, cacciabombardieri, missili, navi pattuglia, corvette oltre ad ampi programmi di addestramento e supporto. Commesse che vedranno protagonisti presumibilmente Italia, Francia e Gran Bretagna che già schierano sul campo istruttori e consiglieri militari al fianco degli insorti.

Anna Prouse: «Le aziende in Libia aspettano regole. Tribù un freno come in Iraq» (di Angela Manganaro)

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