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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2011 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 20 settembre 2011 alle ore 08:53.

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È comunque un dato di fatto che dal 1996 al 2008, escludendo gli interessi, le entrate statali cumulate dell'Italia hanno superato le uscite di oltre 500 miliardi di euro a prezzi 2000, un ammontare di circa 70 miliardi superiore a quanto siano riuscite a fare nello stesso periodo Germania, Francia e Spagna tutte insieme! A tanto assomma il Sacrificio interno lordo (Sil) degli italiani.
Ma, oggi, anche questo non basta più. Per ridurre il livello assoluto del debito pubblico finito nel mirino degli attacchi speculativi, per evitare eventuali declassamenti delle agenzie di rating e per rilanciare la crescita economica che langue, serve una strategia coerente e coraggiosa, come quella proposta da questo giornale nei suoi "nove punti". Magari con l'introduzione di alcune nuove aggiunte, come quella di una piccola tassa patrimoniale costante nel tempo, come proposto nei giorni scorsi da Guido Tabellini, utile eventualmente per finanziare la riduzione degli oneri contributivi delle imprese e rilanciare la competitività, visto che la carta dell'aumento dell'Iva è già stata giocata solo per fare cassa.
Ma una strategia economica, per essere credibile, necessita anche di un Governo credibile che la ponga in essere. Ed è soprattutto questo che oggi ci manca, più che i numeri.

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