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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2011 alle ore 07:41.

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di Barbara Fiammeri
Soltanto fino a qualche giorno fa sembrava un tabù inviolabile. Da ieri la riforma delle pensioni entra invece ufficialmente tra le possibili opzioni per garantire la tenuta dei conti pubblici e rilanciare la crescita. Silvio Berlusconi ha infatti ottenuto dalla Lega, se non un via libera, un segnale di apertura definito a Palazzo Grazioli «significativo».

Superato lo scoglio del voto su Milanese, il premier ha subito dopo riunito un vertice di maggioranza per definire le prossime tappe. Il Cavaliere vuole tirarsi via dall'angolo. «Dobbiamo andare avanti con le riforme. Abbiamo la responsabilità di portare il Paese al riparo dalla crisi internazionale», ha detto Berlusconi durante il vertice nel quale si sarebbe cominciato a parlare anche di un massiccio intervento di dismissioni del patrimonio pubblico. Berlusconi non è sceso nei dettagli. Anche perché al tavolo mancava un interlocutore: Giulio Tremonti è infatti volato a Washington per la riunione dell'Fmi.

Il ministro dell'Economia al suo rientro troverà ad attenderlo, oltre all'eco delle aspre critiche per la mancata partecipazione al voto su Milanese, anche un'agguerrita pattuglia di ministri e parlamentari pronti a sfidarne la leadership sul fronte della politica economica. A guidarla sarà lo stesso Berlusconi, che a Palazzo Chigi vuole approntare una cabina di regia che faccia da controcanto a via XX settembre.

Nell'ennesimo giorno di passione per la borsa e soprattutto per gli spread, il Cavaliere tenta di rincuorare i suoi. «A noi non ci sono alternative, ormai lo hanno capito tutti». E tra questi tutti c'è anche, presumibilmente, il Quirinale. «Napolitano non farà forzature sul fronte politico, ma se non diamo rapidamente risposte per affrontare la crisi si farà sentire ancora e pesantemente», spiega uno dei partecipanti al vertice di ieri. Dunque bisogna muoversi e in fretta.

A Palazzo Grazioli Bossi non c'era. Il Senatur ha preferito disertare la riunione, dove erano però presenti i vertici parlamentari della Lega (Bricolo e Reguzzoni) assieme a quelli del Pdl (Gasparri, Cicchitto, Quagliariello, Corsaro). Un confronto che è servito a stilare l'ordine delle priorità che non sono solo economiche. Berlusconi è infatti tornato a insistere sulla giustizia, a partire dalle intercettazioni: «Adesso basta mi vogliono far passare per quello che non sono», aveva detto poco prima ad alcuni parlamentari. Il premier vuole avviare quella definisce una «campagna sulla giustizia». Una mossa che serve a prepararsi anche qualora si dovesse arrivare alla sentenza di condanna per corruzione in atti giudiziari per il caso Mills.

Ma per affrontare quel momento, Berlusconi ha bisogno di mettere fieno in cascina. «Se nel frattempo saremo stati capaci di varare interventi importanti sarà più facile rispondere agli attacchi e trovare alleati», è il ragionamento che viene fatto da chi ha avuto modo di parlare a quattr'occhi con il Cavaliere. E tra questi «interventi importanti» c'è anche quello sulle pensioni. Berlusconi non è entrato ieri nel dettaglio, ma è chiaro che si punta un allungamento della vita lavorativa e quindi a un innalzamento dell'età.

La Lega fino a poco tempo fa si era messa di traverso ma da ieri ‐ sostengono anche nel Carroccio ‐ non è più così. Il partito di Bossi si muove sulle sabbie mobili. La base non ha preso bene il voto su Milanese e non sarà facile fargli digerire un passo indietro sulle pensioni. «Dobbiamo essere cauti», ripeteva ieri uno dei principali esponenti del Pdl presente a Palazzo Grazioli. Anche perché mercoledì prossimo si vota la sfiducia al ministro Romano, il leader del Pid, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e nei confronti del quale la Lega non ha ancora preso posizione.

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