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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2011 alle ore 16:38.

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Mezzo milione di firme raggiunte, ma ancora una settimana di tempo per arrivare alla soglia di sicurezza a quota 700mila, per mettersi al riparo da eventuali annullamenti e contestazioni sulle sottoscrizioni raccolte. È lo stato dell'arte annunciato dai referendari per i due questiti che abrogano il «Porcellum», l'attuale legge elettorale proporzionale con liste bloccate, e riportano in vita il «Mattarellum», collegi uninominali più quota proporzionale per il 25% dei seggi della Camera.

La notizia del raggiungimento del quorum minimo per presentare i quesiti alla Cassazione, obiettivo peraltro centrato dopo solo un mese di raccolta firme, agita la politica, che infatti ricomincia a discutere di riforma parlamentare della legge elettorale e si trova ad affrontare un'incognita in più all'interno di un quadro già molto mosso.

I referendari, guidati dal coordinatore politico Arturo Parisi e dal presidente del comitato Andrea Morrone, porteranno in Cassazione il 30 settembre prossimo su due quesiti, che hanno entrambi lo stesso obiettivo: abrogare la riforma del 2005, elaborata dall'attuale ministro della Semplificazione Roberto Calderoli e votata a maggioranza da centrodestra e Udc (all'epoca parte della coalizione di Governo), e per questa via riportare in vita il sistema elettorale precedente, scritto in Parlamento per applicare le indicazioni emerse con i referendum Segni del 1993.

Le conseguenze pratiche sono parecchie, e spiegano l'agitazione della politica: un'eventuale vittoria del referendum, che in caso di accoglimento della Cassazione si dovrebbe tenere nella primavera prossima, travolgerebbe le liste bloccate, il super-premio di maggioranza (340 seggi alla Camera garantiti alla coalizione che ottiene la maggioranza relativa dei voti, a prescindere dalla percentuale raccolta) e il mini-sbarramento che apre una corsia preferenziale verso il Parlamento ai partiti legati alle coalizioni maggiori. Tutti aspetti che hanno catalizzato critiche feroci da più parti, ma che hanno fatto comodo ai partiti maggiori sia nel centrodestra sia nel centrosinistra.

Si spiega così per esempio l'accelerazione impressa nei giorni scorsi da Angelino Alfano, segretario del Pdl, che ha annunciato per la settimana l'avvio di un tavolo tecnico per la riforma elettorale. Alfano non ha indicato modelli precisi, anche perché la trattativa deve ancora iniziare e deve fare i conti con i diversi desiderata dei partiti: la Lega, prima di tutto, punta a una norma che le consenta di raccogliere una pattuglia parlamentare anche senza collegarsi a una coalizione anche nel caso si verifichi il rovescio elettorale temuto dalle parti di via Bellerio, e l'Udc, verso il quale il lavoro sulla legge elettorale potrebbe offrire un'altra piattaforma di trattativa. Freddine le reazioni nel Pd, con Rosy Bindi che avverte:
«Alfano e il centrodestra non pensino di cavarsela con qualche piccolo intervento sul 'porcellum'. Questo non ci troverebbe d`accordo. Qui serve un cambiamento vero e radicale della legge elettorale».

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