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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2011 alle ore 13:11.

Il Primo Ministro greco George Papandreou (EPA)Il Primo Ministro greco George Papandreou (EPA)

ATENE - In attesa che domani il premier greco Giorgio Papandreou incontri il cancelliere tedesco Angela Merkel a Berlino e sempre domani inizi la maratona parlamentare per approvare le nuove misure di austerità su salari, pensioni e licenziamenti di 30mila statali, i greci cercano di sopravvivere.

Da un anno a questa parte, a causa della pesante crisi economica che la Grecia sta attraversando, aumentano in continuazione (sono ormai oltre 600 mila ogni mese) i cittadini greci che - per risparmiare sulla spesa quotidiana e abbigliamento, benzina e persino cure dentistiche - vanno a fare acquisti oltre frontiera e che negli ultimi 12 mesi hanno speso oltre 500 milioni di euro.

Spesso si organizzano pullman che si dirigono verso la Bulgaria o la Turchia, paese fuori dall'eurozona dove i prezzi sono più bassi che in Grecia. In Bulgaria i negozi hanno scritte anche in greco visto che la maggioranza dei clienti sono ellenici.

Inoltre, nello stesso periodo, più di 1.500 aziende del settore manifatturiero e dei servizi si sono trasferite nei Paesi confinanti, soprattutto Bulgaria dove il settore tessile greco ha trovato rifugio. La situazione è evidenziata in un rapporto redatto dalla Confederazione nazionale del Commercio greco (Esee) secondo cui questo fenomeno rappresenta «un'emorragia incontrollabile» per il mercato ellenico.

In base allo stesso studio, un'azienda greca su quattro fra quelle situate presso la frontiera ha già chiuso mentre numerosi imprenditori stanno considerando la possibilità di trasferire la loro attività all'estero, di delocalizzare. Secondo la Esee, la rigida politica di austerity messa in atto dal governo socialista del premier Giorgio Papandreou «non solo non migliorerà la situazione fiscale del Paese ma allo stesso tempo sta portando alla distruzione della ricchezza del ceto medio che produce».

L'Esee nota inoltre che traffici illegali e contrabbando stanno danneggiando duramente l'economia della Grecia del Nord e delle aree di confine come Macedonia e Tracia e le isole dell'Egeo e del Dodecaneso i cui abitanti hanno speso più di mezzo miliardo di euro nell'ultimo anno per fare spese in Bulgaria, nell'ex repubblica jugoslava di Macedonia (Fyrom) e in Turchia. In particolare gli acquisti hanno riguardato articoli di abbigliamento, calzature, tabacchi, carburanti, assistenza medico-dentistica e ricambi auto ma molti greci hanno anche preso l'abitudine di andare a fare la spesa settimanale di generi alimentari come formaggi, frutta e verdura.

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