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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2011 alle ore 17:15.

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Alle 15 ha preso il via al Pantheon la manifestazione organizzata dal Comitato per la libertà e il diritto all'informazione sulle intercettazioni. In piazza, spiegano gli organizzatori, per difendere la libertà d'informazione e lottare contro ogni forma di bavaglio alla stampa e all'attività della magistratura. Tra le adesioni quelle della Cgil, della Fnsi, dell'Ordine dei giornalisti, di Libertà e giustizia, di Articolo 21 e di esponenti politici di Pd, Idv, Verdi e Federazione della sinistra. In piazza anche Ilaria Cucchi, l'avvocato Domenico D'Amati, Valigia blu, Tavola della pace, Usigrai, Anpi, la rete delle giornaliste Giulia e numerosi blogger.

Siddi: è un altro progetto di legge illiberale
«Quello sulle intercettazioni - ha sottolineato il segretario generale Fnsi, Franco Siddi - è un altro progetto di legge illiberale e dannoso per tutti i cittadini, che sta facendo fare brutta figura all'Italia nel mondo». Secondo Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo21, occorre: «Staccare la spina di questo brutto spettacolo. Presenteremo un dossier e lo porteremo alle più importanti cancellerie europee e se la legge verrà approvata presenteremo un esposto alla Corte europea, perchè sia disattivata».

Mercoledì si votano le pregiudiziali di costituzionalità
Il ddl sulle intercettazioni torna in Aula alla Camera già mercoledì della prossima settimana. A seguito di un accordo unanime dei gruppi, ha spiegato al termine della seduta di oggi, il presidente di turno, Rosy Bindi, mercoledì 5 ottobre si terrà la votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità, a partire dalle ore 12,30. La maggioranza è intenzionata a non fare alcun passo indietro sulla riforma delle intercettazioni, riferisce il capogruppo di Popolo e territorio, Silvano Moffa, al termine del vertice di maggioranza a palazzo Grazioli. «Mercoledì alla Camera voteremo le pregiudiziali - spiega Moffa - poi si va avanti con l'attuale testo».

Si cerca una quadra sulla norma ammazza blog
Continuano le polemiche sulla cosiddetta norma ammazza blog sulla rettifica in rete, una disposizione prevista dal comma 29 dell'articolo 3 del ddl intercettazioni. Il comma 29 prevede che «per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro 48 ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono». La mancata rettifica nei termini comporterebbe una sanzione pecuniaria sino a 12 mila euro. «Pensare di applicare al web una legge sulla rettifica risalente al 1948 conferma la visione archeologica che Pdl ha della realtà e della società», ha sottolineato Flavia Perina, deputata di Fli.

Cassinelli scrive un emendamento che allenta le tenaglie sui blog
Intanto il deputato Pdl, Roberto Cassinelli propone con un emendamento di distinguere fra i siti professionali, come quelli delle testate giornalistiche, che resteranno legati all'obbligo di rettifica entro 48 ore, e quelli amatoriali per i quali la scadenza diventa di 10 giorni e decorre dal momento in cui il blogger viene effettivamente a sapere della richiesta. Esclusi dalla rettifica sarebbero i social network. L'emendamento riduce, inoltre, le sanzioni pecuniarie.

Articolo 21 distribuisce un giuramento di Ippoocrate per giornalisti
Articolo 21 al Pantheon distribuisce una sorta di giuramento di Ippocrate per i giornalisti e per chi si occupa di informazione: «Giuro che se e quando la legge bavaglio sarà approvata mi impegnerò a fare prevalere sempre e comunque il dovere di informare e il diritto di essere informati». In piazza anche l'Unione Nazionale Cronisti Italiani, che «torna a chiamare tutti i cronisti alla difesa della libertà di stampa e del diritto-dovere di cronaca».

Berlusconi si sfoga di nuovo sulle intercettazioni
E il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, è tornato a sfogarsi contro la pubblicazioni delle intercettazioni. Ieri sera, a una cena organizzata dall'onorevole Alessandra Mussolini, avrebbe sottolineato: «Ma vi rendete conto sono state fatte - avrebbe sostenuto - 100mila telefonate per
spiare me, i miei familiari e i i miei ospiti. Non è mai successo
a nessuno, nemmeno nella Cina di Mao o nella cupa di Fidel
Castro. Questi magistrati si stanno facendo la guerra, sono
pronti ad uccidersi l'uno l'altro pur di far fuori me».

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