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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2011 alle ore 20:56.

Nuovo scontro a distanza tra Augusto Minzolini e Tiziana Ferrario. Il direttore del Tg1 torna a parlare del caso per il quale risulta indagato dalla procura di Roma per abuso d'ufficio e per mancato adempimento di un'ordinanza del giudice del lavoro. E polemizza con la stampa, che a suo modo di vedere, con alcuni articoli ha «fatto molta confusione sulla vicenda. Non è vero, sostiene «che l'azienda e il sottoscritto non hanno ottemperato alla richiesta del giudice del lavoro».
Minzoli ricostruisce tutta la questione giudiziaria, sostenendo che il giudice del lavoro, lo scorso giugno, lo ha lasciato arbitro del collocamento della giornalista. La prima disposizione del giudice del lavoro di Roma risale al 28 dicembre 2010. Allora fu stabilito il ricollocamento di Tiziana Ferrario nell'edizione del telegiornale delle 20.00 fino a quando non le fosse stato assegnato un incarico equivalente. È stata così decisa la sua promozione a caporedattore del Mattino, mansione conferitale, precisa il direttore «dopo aver verificato l'interesse della sig.ra Ferrario per altri incarichi come corrispondente a Madrid o capo della redazione di Milano».
Diversa la ricostruzione della giornalista, secondo la quale il direttore «anzichè restituirmi le mansioni in precedenza da me svolte, come è stato deciso dal Giudice, mi ha attribuito un incarico fittizio dal momento che le mansioni di capo redattore del mattino formalmente assegnatemi, sono in realtà svolte da altri». La Ferrario, «preso atto di questo comportamento elusivo» si è sentita costretta a rivolgersi nuovamente alla Procura della Repubblica. Che ha disposto una nuova ordinanza, il 26 giugno 2011. Nella quale secondo Minzolini il giudice ha lasciato all'azienda e al direttore la decisione in merito alla scelta di un incarico che non fosse di demansionamento per Tiziana Ferrario. Secondo la giornalista invece il giudice ha confermato in sede di reclamo il reintegro nelle mansioni di inviata e conduttrice e «si è limitato a rilevare che non era necessaria alcuna altra specificazione».
Intanto nella redazione del Tg1 la tensione resta alta. Il comitato di redazione non ha gradito l'editoriale di Augusto Minzolini andato in onda durante l'edizione del telegiornale delle 20.00 di ieri e ha sollecitato un intervento dell'azienda. «Non si può utilizzare il servizio pubblico a proprio uso e consumo», dice il comunicato del cdr, che prosegue: «il direttore ha trasformato il nostro giornale in una tribuna per parlare di una causa di lavoro e di un'inchiesta penale che lo riguarda». All'interno del comitato di redazione però c'è chi non ci sta. Attilio Romita fa sapere di dissociarsi e racconta che aveva chiesto «di chiarire la titolarità del documento con la firma di chi lo ha concepito, approvato e diffuso, cioè gli altri due colleghi». Per il giornalista la firma 'comitato di redazione' è «frutto di uno scontro pregiudiziale più politico che sindacale». Risponde Simona Sala, anche lei componente del cdr: «Sorprende questa dichiarazione. Ieri sera abbiamo cercato Romita anche per avere una sua risposta su eventuali modifiche al comunicato ma non ha mai richiamato e non ci ha detto che avrebbe voluto dissociarsi».
Per l'Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, l'azienda soffre di «una patologia grave», che «si combatte solo varando una nuova legge per la nomina dei vertici aziendali». Il punto nodale, dice il segretario Usigrai, Carlo Verna, «va oltre il caso limite rappresentato dal direttore del Tg1. In Rai vige l'impunità dell'appartenenza. Non conta quel che si fa o non si fa, ma i muscoli delle fazioni».
Solidarietà al direttore del Tg1 arriva dal Pri, dal segretario Francesco Nucara. «Come al solito - ha dichiarato Nucara - si pensa più al processo mediatico che al processo in tribunale anche se crediamo che Minzolini in tribunale non ci arriverà mai perché non ha commesso alcun reato». Anche Reanto Farina, deputato Pdl, prende le difese di Minzolini. Commentando la perquisizione degli uffici Rai da parte della Guardia di Finanza Farina sottolinea: «Di solito, in questi casi l'editore solidarizza, in Rai non è andata così, e il presidente Paolo Galimberti ha mostrato quasi di lavorare ancora per la testata da cui proviene e cioè, per chi non lo sapesse, Repubblica».
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