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Questo articolo è stato pubblicato il 01 ottobre 2011 alle ore 08:13.

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NAPOLI. Dal nostro inviato
Attenzione a non scherzare con il fuoco. Un conto è evocare la secessione attraverso grida e proclami di sorta, magari con sventolii di bandiere padane nei raduni leghisti a uso di propaganda interna. Ben altro conto è se si fa sul serio. E allora massima vigilanza, perché lo stato potrebbe reagire. Il precedente? Eccolo: il leader del Movimento separatista siciliano Andrea Finocchiaro Aprile che venne arrestato nel 1944 su disposizione del governo Parri. Eravamo ancora in presenza di «un accenno di Stato italiano», eppure la reazione fu netta.
Giorgio Napolitano è nella sua facoltà di Giurisprudenza a Napoli, dove si laureò nel dicembre del 1947 con una tesi di economia politica sul mancato sviluppo industriale del Mezzogiorno dopo l'unità. Qui in facoltà si sente a suo agio, e fuori dalle cautele imposte dal ruolo risponde senza giri di parole alle domande che gli vengono rivolte da studenti e docenti. «In che modo è possibile recuperare un rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni?», gli viene chiesto. Non esiste una sorta di «velo oscuro» che avvolga tutte, indistintamente le istituzioni. A livello locale, ad esempio il rapporto cittadini-eletti è diretto. Se si sale per su «per i rami più alti» il discorso cambia nettamente. Non è certamente un caso che il presidente della Repubblica intervenga su questo tema nel giorno in cui di fatto si mette formalmente in moto la macchina referendaria per abolire il cosiddetto «porcellum», con il deposito in Cassazione di un 1,2 milioni di firme. Il giudizio sull'attuale legge elettorale equivale a una bocciatura senza appello. Ben lungi dal ripristinare quel necessario rapporto di fiducia tra eletto ed elettore, la normativa vigente risponde a una sola logica: che l'eletto mantenga «un buon rapporto» con chi lo ha designato. Altro che fiducia, in questo modo si alimenta la disaffezione tra cittadini e istituzioni. La conclusione è che la legge va cambiata, perché questo sistema elettorale «ha rotto il rapporto di responsabilità tra elettore ed eletto». Il vecchio proporzionale aveva i suoi difetti, ma almeno ha garantito per decenni che un elemento basilare dei sistemi democratici fosse rispettato: l'eletto rende conto ai suoi elettori di quel che sta facendo in Parlamento, e poi se si merita nuovamente la fiducia viene riconfermato. Napolitano cita il suo caso: per 38 anni è stato deputato e per 32 anni è stato nominato con il sistema delle preferenze. «Eletto nel collegio Napoli-Caserta dovevo rispondere a due milioni e mezzo di elettori». Un buon sistema ma con un'evidente distorsione: «Così rispondi a tutti e non rispondi a nessuno». Poi con il passaggio al "Mattarellum" si è virato verso una forma mista: «Nel collegio di Bagnoli-Fuorigrotta dovevo rispondere solo a un centinaio di migliaia di persone». Ora, conclude implicitamente, dovrebbe rispondere solo a chi a deciso di inserirlo il lista, dunque al leader di uno dei partiti in campo.

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