Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2011 alle ore 06:37.

My24


TORINO.
«Cara Emma»: inizia così, con la massima cortesia la lettera inviata da Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, ad Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria. Ma il contenuto della missiva rappresenta una svolta epocale nell'associazionismo imprenditoriale e nelle relazioni industriali. «Ti confermo – aggiunge Marchionne – che, come preannunciato nella lettera del 30 giugno scorso, Fiat e Fiat Industrial hanno deciso di uscire da Confindustria con effetto dal 1° gennaio 2012». E di conseguenza entro fine dicembre il presidente John Elkann lascerà la vice presidenza di Viale dell'Astronomia.
Formalmente, dunque, si tratta di una decisione annunciata da tempo. Ma in realtà tutti avevano provato a dimenticare quella che pareva solo una minaccia ed invece era una scelta precisa e meditata. Che ha trovato ulteriore sostegno negli avvenimenti più recenti. «Negli ultimi mesi, dopo anni di immobilismo, nel nostro Paese – spiega Marchionne – sono state prese due importanti decisioni con l'obiettivo di creare le condizioni per il rilancio del sistema economico».
L'amministratore delegato della Fiat si riferisce all'accordo interconfederale del 28 giugno e, soprattutto, all'approvazione da parte del Parlamento dell'articolo 8 «che prevede importanti strumenti di flessibilità oltre all'estensione della validità dell'accordo interconfederale ad intese raggiunte prima del 28 giugno». Provvedimenti apprezzati pubblicamente da Fiat in quanto, per il Lingotto, avrebbero risolto molti punti nodali nei rapporti sindacali, garantendo le certezze necessarie per lo sviluppo economico del Paese. La lettera sottolinea come il nuovo quadro di riferimento avrebbe permesso di ridurre lo svantaggio competitivo delle aziende italiane. «Ma con la firma dell'accordo interconfederale del 21 settembre – aggiunge Marchionne – è iniziato un acceso dibattito che, con le prese di posizione contraddittorie e addirittura con dichiarazioni di volontà di evitare l'applicazione degli accordi nella prassi quotidiana, ha fortemente ridimensionato le aspettative sull'efficacia dell'articolo 8».
Per il Lingotto si rischia quindi di snaturare l'impianto previsto dalla nuova legge e di limitare fortemente la flessibilità gestionale: «Fiat, che è impegnata nella costruzione di un grande gruppo internazionale con 181 stabilimenti in 30 Paesi, non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato». Marchionne assicura che non ci sono ragioni politiche nella decisione di uscire da Confindustria e rassicura anche in merito ai futuri piani di investimento in Italia. Inoltre non verranno tagliati tutti i legami con il mondo dell'associazionismo imprenditoriale poiché l'amministratore delegato di Fiat precisa che si sta valutando «la possibilità di collaborare, in forme da concordare, con alcune organizzazioni territoriali di Confindustria ed in particolare con l'Unione industriale di Torino».

Shopping24

Dai nostri archivi