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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2011 alle ore 13:27.

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È un flusso che non si esaurisce. Perché la siccità, la peggiore da 50 anni, non allenta la sua morsa. E perché la guerra, una delle più cruente e lunghe d'Africa, sembra destinata a trascinarsi ancora a lungo. Il flusso dei disperati si riversa alla frontiera del Kenya: oltre mille somali, che ogni giorno si accalcano nel campo profughi di Dadaab, il più grande al mondo, a circa 90 km dal confine.

In diversi non ce la fanno, e muoiono lungo il tragitto, a volte 200 chilometri a piedi senza cibo e con pochissima acqua. Spesso depredati dai banditi.

Arrivano stremati - raccontano gli operatori umanitari occidentali presenti a Dadaab - i volti scavati e le costole che affiorano dalla pelle tirata per la fame. Lo sguardo spento, perso nel vuoto. Quello sguardo che due anni fa, quando la capitale Mogadiscio era in fiamme, accomunava i volti delle donne ricoperte dal velo, quelli degli anziani e dei ragazzini. Che sotto i nostri occhi li spingeva a proseguire il loro cammino lanciando solo una rapida occhiata ai cadaveri distesi sulla strada. Come se 20 anni di guerra li avessero resi indifferenti a tutto e a tutti.

Dopo l'allarme lanciato in giugno, la grande siccità che ha colpito il corno d'Africa sembra passata in secondo piano, oscurata dalla crisi finanziaria internazionale e dal conflitto libico. Ma le cose non sono migliorate, anzi. In luglio fa erano tre le aree in Somalia dichiarate colpite dalla carestia, ovvero il più alto dei cinque livelli. Quello che indica un aumento del 30% di malnutrizione acuta per i bambini sotto i 5 anni, un tasso di mortalità giornaliero di 2/10mila, e meno di 1.500 kilocalorie al giorno. Oggi la carestia si è estesa a sei delle otto regioni della Somalia meridionale.

Secondo l'Onu quattro milioni di somali, il 53% della popolazione, versano in gravi difficoltà alimentari. E 750mila rischiano di morire di fame nei prossimi mesi«in assenza di una risposta adeguata». Nella regione di Bay il tasso di malnutrizione tra i bambini ha raggiunto il 58%, un primato che non ha precedenti. «Non abbiamo ancora toccato il picco della crisi», ha ammonito un mese fa il capo dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), Antonio Guterres.

Occorrono fondi urgenti per fronteggiare la crisi. Ma all'appello manca almeno un miliardo di dollari. Nessuno è in grado stabilire con precisione il bilancio delle vittime. «Dall'inizio della siccità ne sono già morte decine di migliaia» ci spiega al telefono Geno Teofilo, responsabile media per la Somalia dell'Ong Oxfam, da pochi giorni rientrato da Mogadiscio. «Centinaia di persone - racconta - continuano a morire ogni giorno. Di queste oltre la metà sono bambini. A Mogadiscio ci sono 100 campi gremiti di sfollati che vivono in condizioni davvero estreme. Nelle nostre 16 cliniche in Somalia siamo riusciti a curare 72mila bambini colpiti da malnutrizione acuta. Tutte le ong stanno facendo la loro parte, ma è una sfida più grande di noi».

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