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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2011 alle ore 12:59.

La storia sabato si è ripetuta col medesimo copione: una chiesa bruciata ad Assuan e la richiesta di giustizia all'esercito che l'altra volta aveva ricostruito la chiesa bruciata.

Altri incidenti erano avvenuti nel quartiere di Moqattam, nell'est del Cairo, il quartiere degli Zabbalin, i riciclatori di rifiuti della capitale.
Padre Kerolous El Komos Shenoda della Chiesa copta di Marig Erges a Magaga (Alto Egitto) mi aveva spiegato - contravvenendo un po' all'invito alla prudenza fatta dal loro Papa, Shenuda III - che il Governo provvisorio deve proteggere i cristiani copti. Per questo è accanto ai "giovani Maspero" a difendere la dignità e il diritto di esistere dei cristiani in questa terra sul Nilo dove i copti sono appena il 10% su una popolazione di 80 milioni.

Mena, 30 anni, invece era stato più pacato, partecipava alla protesta ma senza clamori. «Sono un poliziotto di religione copta. Sto con i miei correligionari ma spero che musulmani e cristiani siano una sola mano», mi aveva detto mentre mi indicava un manifesto con una croce vicina alla mezzaluna. Mena sapeva che non farà mai carriera all'interno del suo corpo di polizia, perché i gradi superiori statali sono praticamente sbarrati ai copti. Naturalmente non c'è una discriminazione ufficiale ma nei fatti è molto duro far carriera nello stato o nelle forze armate se non si è musulmani. Solo Boutros Ghali, l'ex segretario generale delle Nazioni Unite, riuscì ad emergere a livello internazionale ma erano altri tempi, più laici per l'Egitto.

I "giovani Maspero" aveva predetto come il referendum tenuto a marzo sulle modifiche alla Costituzione fosse pura "cosmesi" perché non prevedeva di cambiare l'articolo secondo cui la fonte primaria del diritto egiziano è la sharia, cioè la legge islamica. Come si concilia questo principio con l'altro articolo che dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge resta un mistero che ora appare chiaro nella sua tragicità.
Ma neanche il potente generale Hussein Tantawi, capo del Consiglio supremo delle Forze armate e ora facente funzione di presidente della Repubblica, ha osato mettere in discussione questo punto spinoso.

Naghib Gobrail, avvocato attivista per i diritti dei copti, era stato invece ottimista, sebbene con prudenza. Alla notizia arrivata che l'esercito aveva dato ordine di ricostruire la chiesa bruciata di Soul, aveva preso l'auto ed era andato a vedere di persona: «Ho visto con i miei occhi che gli ingegneri dell'esercito hanno iniziato i lavori di ricostruzione della chiesa esattamente dov'era prima. Il sit-in è bloccato, poi vedremo. Ora però il Governo deve imprigionare i criminali che che si infiltrano in ogni manifestazione per fomentare l'odio interreligioso», mi aveva spiegato al telefono. Vero è che sul tappeto restano ancora altre richieste: tra queste quella di poter officiare in sicurezza tutti i riti del periodo di Natale, di ottenere risarcimenti per le vittime degli incidenti avvenuti l'8 marzo, di liberare i giovani arrestati durante la protesta davanti al palazzo Maspero e di far riaprire due chiese che sono state chiuse al Cairo.

La convivenza tra cristiani e musulmani è il banco di prova della giovane democrazia egiziana: un suo fallimento aprirebbe la via all'esodo dei copti (molti dei quali stanno cercando di ottenere un secondo passaporto) e a un'involuzione all'iraniana che farebbe la felicità di Mahmoud Ahmadinejad e Ali Kamenei. Il portavoce dei Fratelli musulmani, Essan el Erian, ha recentemente annunciato che non presenteranno un loro candidato alle prossime elezioni presidenziali e che non si opporranno alla presentazione in altre liste di candidate donne alle presidenziali. Una "rassicurazione" che ha fatto correre più di un brivido ai laici e alle donne egiziane.

Il recente arrivo del premier turco Recep Tayyip Erdogan al Cairo ha aperto la via a un partito islamico moderato dei Fratelli musulamni che rispetti almeno le forme della libertà religiosa. Ma in Turchia l'esercito di Kemal Ataturk ha vigilato con durezza per 80 anni sulla laicità del Paese, in Egitto questa è una storia ancora tutta da apprendere. Speriamo che Amr Moussa, l'ex segretario della Lega araba, e ora candidato alla presidenza egiziana, possa far sentire la sua voce di medizione, altrimenti per l'Egitto saranno i giorni della rivolzione tradita.

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