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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2011 alle ore 06:37.

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Stop alle pensioni di anzianità; equiparazione più rapida dell'età di pensionamento delle donne del settore privato a quella degli uomini e delle donne del settore pubblico; aumento generalizzato dell'età per la vecchiaia. È questa la ricetta previdenziale contenuta nel "Progetto per l'Italia" - il manifesto per la crescita presentato il 30 settembre dalle associazioni delle imprese e delle banche. Un insieme di misure che, una volta a regime, potrebbe determinare un risparmio di 18 miliardi di euro all'anno. Al quale contribuirebbe anche l'abolizione di tutti i regimi speciali previsti dall'Inps e degli altri enti previdenziali, proposta pure contenuta nel manifesto delle imprese.
In effetti, quella dell'armonizzazione dei regimi previdenziali è stata un'esigenza molto sentita in passato, specie con le riforme degli anni '90. Non poteva essere diversamente, visto che regole molto frammentate e "speciali" determinavano ingiustificati privilegi, di volta in volta, per questa o quella categoria (si pensi - ma gli esempi sono tantissimi - alle baby-pensioni del pubblico impiego...).
A mettere un po' di ordine ci ha pensato la riforma Dini (legge 335/95) che riuscì ad armonizzare le regole pensionistiche di decine di enti e Casse che erogavano pensioni in Italia. Esistevano norme diverse e il risultato era che chi aveva un fondo o una cassa autonoma, in sostituzione dell'Assicurazione generale obbligatoria Inps, poteva contare su regole più favorevoli, per il calcolo e la liquidazione, e spesso anche per i requisiti necessari a raggiungere il diritto alla pensione.
La pluralità di normative, nel 1995, era dovuta a una logica categoriale, insita al momento della nascita del nostro sistema di welfare, che non si giustificava più nella nuova situazione economica, dove le esigenze prevalenti sono quelle di universalità e solidarietà, e non gli interessi di parte. C'erano i fondi sostitutivi (dirigenti aziende industriali, Elettrici, Telefonici, Volo, Autoferrotranvieri, Ferrovie, Poste, Daziari) e quelli esonerativi (dipendenti di nove grandi Banche). In aggiunta, c'erano i fondi integrativi, i quali erogavano una pensione aggiuntiva, o anche una anticipazione del diritto a pensione, integrando la pensione dell'Inps.
Fra i fondi integrativi il più famoso rimane quello della Banca d'Italia, capace di erogare, pensioni già con 20 anni di servizio, per di più legati alla carriera economica dei colleghi in servizio.
Attualmente è l'Inps a gestire i fondi speciali di previdenza che sostituiscono o integrano l'assicurazione generale obbligatoria e i fondi confluiti da altri Enti (per esempio, l'Istituto di previdenza dei dirigenti industriali).

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