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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2011 alle ore 06:36.
Se però, anziché guardare alla pensione, si guarda a un indicatore più attendibile della convenienza delle formule pensionistiche, e cioè alla differenza tra il totale dei contributi versati e il totale delle prestazioni ricevute, si osserva che l'estensione del contributivo attenua l'entità del passato "regalo" implicito nel metodo retributivo e porta il trattamento riservato alle diverse coorti nella direzione dell'equità attuariale.
A titolo esemplificativo, la tabella illustra il caso di due dipendenti privati della categoria dei "salvati". Per ipotesi ambedue avevano 20 anni di anzianità nel 1996, hanno una dinamica retributiva del 2,5% l'anno e nel 2010 sono arrivati a percepire una retribuzione di 30mila euro. Il primo, nato nel 1958, supponendo che maturi 40 anni di anzianità nel 2018, con le regole attuali potrebbe andare in pensione a 61 anni (inclusa la finestra). La sua pensione ammonterebbe a 26.776 euro, con un "regalo" atteso nell'arco dell'intera vita pari al 43% dei contributi versati (162 mila euro). Applicando la nostra proposta, il pensionamento sarebbe posticipato al 2021, con una pensione superiore, pari a 28.999 euro, ma un "regalo" inferiore (il 33% dei contributi versati, ossia 146mila euro), per effetto della più elevata età di pensionamento e del calcolo contributivo sugli ultimi anni
Il secondo lavoratore è nato nel 1951 e in base le regole attuali, supponendo che al raggiungimento dei 60 anni abbia maturato 37 anni di anzianità, potrebbe accedere alla pensione nel 2012. La sua pensione ammonterebbe a 20.869 euro con un regalo del 39% (117 mila euro), mentre, con la nostra proposta, si ritirerebbe a 63 anni con 21.960 euro di pensione e un "regalo" più piccolo, pari al 27% (110 mila euro).
Il pro-rata applicato ai "salvati" appare quindi un modo blando (e non brutale, come sarebbe – l'ultima colonna della tabella – l'applicazione del contributivo anche alle anzianità passate, che peraltro nessuno chiede) per correggere le storture del passato.
La fissazione dell'età minima a 63 anni comporterebbe, però, per gli uomini la possibilità di anticipare di due anni il pensionamento rispetto all'età oggi prevista (65 anni) per la pensione di vecchiaia. Alcuni uscirebbero in effetti prima (con una pensione ridotta, ma con un regalo proporzionalmente maggiore); altri sfrutterebbero la fascia di flessibilità e continuerebbero oltre i 65.
La capacità del metodo contributivo di rispondere a esigenze di equità tra le generazioni, oltre che di riduzione della spesa – tanto più necessaria in un momento nel quale si chiedono sacrifici alle famiglie – sarebbe enfatizzata dalla sua applicazione universale a tutta la previdenza obbligatoria, il che significa includervi i liberi professionisti con le loro casse e i politici con i loro vitalizi. Un altro vantaggio è la flessibilità nell'età di pensionamento. Molti lavoratori si sentono oggi "espulsi" dal mercato del lavoro in età nelle quali sono ancora produttivi e per questo soffrono. Dare loro l'occasione di scegliere il momento del pensionamento sembra una non piccola conquista di libertà.